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Paolo Terracciano, capo dei trenta autori di Un posto al sole, svela tutti i segreti e le fasi di realizzazione di ognuna delle puntate in onda sugli schermi di Rai3 dal lunedì al venerdiì.
Cominciamo dalla scelta delle storie. Su quali criteri fate affidamento?
Innanzitutto il nostro è l’impegno quotidiano di un gruppo che lavora come una factory creativa. Selezioniamo le vicende sulla base delle esperienze personali di ognuno, su quanto accade nella quotidianità del nostro paese, con un occhio sempre attento ai fatti di cronaca riportati dai mass media. Insomma scegliere un evento da inserire in Un posto al sole è la somma di una serie di fattori che fanno capo anche al bagaglio culturale, alla sensibilità e alla predisposizione di ognuno di noi. Dobbiamo avere sempre gli occhi aperti sulla realtà che ci circonda e farla rivivere nella soap opera.
Adesso andiamo nello specifico.
Tutto inizia con gli story editor, dieci prifessionisti con ruoli differenti: la loro funzione è collaborare oltre che alla ideazione delle trame, al successivo sviluppo. Consideriamo una singola settimana di programmazione: dal lunedì al venerdì vengono scritte le trame e questa fase rappresenta il cosiddetto “trattamento” delle puntate il quale viene inviato ai “dialoghisti”, free lance che non necessariamente lavorano a Napoli. Il loro compito è trasformare il “trattamento” in una vera e propria sceneggiatura finita con l’inserimento dei dialoghi nei quali sono specializzati.
Ci sono fasi successive?
Una volta conclusa la sceneggiatura, le puntate tornano a noi. Tre supervisori ne controllano lo “scritto” finale e subito dopo, passano al regista.A lui il compito di indire la riunione con tutte le figura professionali coinvolte nella produzione come ad esempio costumisti e location manager per studiare la realizzazione concreta e allestire il set. Solo a questo punto il copione, finito, viene consegnato agli attori che studiano le rispettive parti.
Ci sono mai state discussioni con gli interpreti a propositi dei loro ruoli?
Esiste una grande sintonia con gli attori: la frequentazione quotidiana ha generato stima e rispetto tra tutti noi. L’atmosfera che si respira sul set è di grande complicità e la recitazione corale è il valore aggiunto che fa la differenza ed è percepito in maniera netta dai telespettatori.
Come si preparano gli attori alla recitazione della propria parte?
Ognuno cura molto il proprio personaggio, cerca di entrare in maniera giusta nel mood di chi interpreta. Oramai sono tutti talmente bravi e hanno un’esperienza così consolidata dagli anni di permanenza sul set, che considerano i rispettivi personaggi veri e propri alter ego. E ne parlano con i propri fan sui social network come se fossero persone di famiglia.
Esiste negli autori il timore di non riuscire a consegnare nei tempi giusti il proprio lavoro?
Gli anni e l’esperienza accumulata ci aiutano a gestire questo tipo di “ansia per le scadenze imminenti”. Conosciamo bene il meccanismo, una vera e propria catena di montaggio che procede spedita e in maniera parallela nel corso delle varie fasi. In questo meccanismo abbiamo imparato che dalle storie del passato si generano quelle del futuro. L’importante è che ci sia sempre la scintilla creativa.
Qui scaricate il tv- book di Un posto al sole.
Non pensavo servisse una squadra così ampia per scrivere carta igienica. Davvero un team di esperti scrive, controlla e pubblica un copione del genere? Sono certo che un gruppo di babbuini avrebbe idee molto più creative. Credo proprio che facciate parte della feccia dell’arte, quella che voi chiamate soap opera è una malamente ricercata (e non trovata) aderenza alla realtà, con attori imbarazzanti, scelte delle luci agghiaccianti, regia pessima, montaggio assolutamente casuale, musiche talmente orribili e scontate che darebbero del filo da torcere all’ultimo album di Lorenzo Fragola nella classifics dell’originalità. Guardando Un Posto al Sole mi sale un odio profondo non solo contro Napoli, ma anche contro la Rai, la quale permette da anni la visione di un tale disastro cinematografico. La verità è che pur di guadagnare qualcosina siete pronti a confezionare merda e a venderla come prodotto finito e pronto per essere mangiato e digerito. Con certe soap opera non solo rallentate il progresso di crescita, ma instupidite anche il pubblico, quello stesso pubblico che nella vita quotidiana arriva persino a fare scelte come fosse in una di queste squallide soap opera. E sentire che per costruire un prodotto così indecente servono addirittura una trentina di persone, mi fa tremare dalla paura e dalla rabbia. Ma voi “registi” e “scrittori” di tali idiozie non vi sentite in colpa? Avete venduto il vostro talento ad un mercato becero e storpio, mentre al posto che perdere tempo a scrivere carta igienica avreste potuto sfurttare più creativamente le vostre capacità. Sempre che di capacità ne abbiate avute. Io, personalmente, mi vergognerei da morire.