Il viaggio inizia dalla “Collina del Diavolo“: si tratta di una struttura artificiale di 115 metri in cui sono stati riversati i resti di macerie di Berlino.
Per cinque anni, ogni giorno 80 camion hanno trasportato materiali fino a formare una collina. Da qui si riuscivano a intercettare le informazioni dei soldati e raccogliere informazioni importanti; Giacobbo si avventura in un bunker segreto.
Un testimone, ex militare, sostiene di sapere cosa si nasconde in un pozzo coperto dalla montagna di detriti; nel pozzo vi è un ascensore che è stato bloccato. Il vincolo durerà fino al 2022.
Prosegue la visita della “Collina del Diavolo”, stavolta vediamo alcune sfere-radar; il conduttore continua a sottolineare di aver avuto un permesso speciale per entrare nei vari luoghi, ma non si può fare a meno di notare che sia nel bunker che fuori, i muri sono pieni di murales.
Parallela, vi è la “Collina del Drago”, anch’essa nata dall’accumulo di macerie.
Dopo la distruzione di Berlino e il loro abbattimento, la topografia del terrore ci rivela i luoghi in cui sorgevano i palazzi del potere nazista.
Viene poi raccontata la storia di un fotografo che riuscì ad ingannare Goebbels, Ministro della propaganda. Nell’immagine scattata infatti, era ritratta una bambina dai perfetti tratti “ariani”, ma era ebrea. L’uomo, se scoperto, avrebbe rischiato la vita: la foto veniva spedita alle famiglie come perfetta rappresentazione della purezza ariana.
Terminata la seconda guerra mondiale inizia la Guerra Fredda, durante la quale viene costruito il muro: in una sola notte, al mattino Berlino Est si sveglia limitata da un muro.
La Stasi è stata fondata nel 1950, ispirata ai servizi segreti sovietici: era un apparato che controllava e decideva le sorti dei cittadini. La Germania dell’Est viene definita uno Stato paranoico, perché si temeva che il contatto con la cultura occidentale l’avrebbe portata alla rovina. Microspie e microfoni erano ovunque; venivano intercettate telefonate e comunicazioni postali.
Il rapporto con le armi era costante: la società veniva militarizzata, tanto che nelle scuole della Germania dell’Est, la Repubblica Democratica Tedesca, ai bambini veniva insegnato come lanciare le granate.
La East Side Gallery, il tratto più lungo del muro di Berlino, è monumento protetto dal 1992: ora è dedicato alla libertà, grazie alle opere di artisti da tutto il mondo.
Per vivere un tuffo nel passato, Giacobbo è alla guida di una Trabant.
Vediamo ora una delle stanze in cui la Stasi interrogava i prigionieri; ci addentriamo quindi nelle prigioni, dove si trovavano il letto più corto, un secchio per i bisogni e cavi elettrici alti: per costringere le persone a parlare infatti, le stanze venivano riempite d’acqua.
I prigionieri non lavoravano, ma vivevano nell’attesa dell’interrogatorio. L’obiettivo della Stasi era ridurre l’autostima al punto più basso; per raggiungere tale scopo, il primo passo era l’isolamento totale in cella. . Non solo non bisognava incontrare nessuno, ma neppure sentire cosa accadeva all’esterno.
Prima di essere arrestati, i detenuti erano stati spiati, dunque i loro carcerieri li conoscevano bene.
Il numero ufficiale di morti nel tentativo di attraversare il muro, è di 136, a cui però andrebbero aggiunte tutte quelle persone decedute durante i controlli di frontiera. La prima vittima ufficiale fu una donna di 58 anni, che cercò di saltare dalla finestra di casa sua prima che le finestre che davano su Berlino Ovest venissero murate.
Giacobbo ci racconta alcune storie di gente che è riuscita nell’impresa: c’è chi si è fatto cucire uniformi sovietiche salutando davanti al posto di blocco, mentre una ragazza, in treno, si è rinchiusa all’interno di due valigie sistemate l’una al fianco dell’altra.
La fuga più spettacolare fu quella di un ferroviere, che decise di attraversare il confine con il suo treno: sfondò tutti gli sbarramenti, fuggendo così nella Germania occidentale. La più appassionante però, è quella di due famiglie, scappate grazie a una mongolfiera cucita in casa.
Vi è poi il “Tunnel 57”, grazie a cui fuggirono 57 persone.
Giacobbo ci mostra l’ultimo tratto di muro intonso: solo 200 metri su 250 chilometri della lunghezza totale, lasciato così com’era.
È poi la volta del “Tunnel ’29“, nella cui impresa erano coinvolti due ragazzi italiani: i due stavano lavorando segretamente allo scavo di un tunnel. Nel frattempo,coincidenza, i due vennero a sapere che l’emittente Nbc voleva realizzare un film sullo scavo di un tunnel. Fu così che i due ricevettero i mezzi necessari per proseguire la loro costruzione: contattando la produzione e permettendo alle telecamere di riprendere le operazioni.
Grazie alle testimonianze dei protagonisti, viene ricostruita la vicenda: per l’evento dell’uscita dal passaggio, erano stati indossati i vestiti migliori. Una donna racconta addirittura di avere addosso il suo abito da sposa.
Dopo il parco giochi abbandonato in cui si sente un sinistro cigolio della ruota panoramica, Giacobbo lancia un servizio che si chiede se siamo davvero liberi. La risposta la dà uno studio di neuromarketing sui consumatori: tutte le esigenze che pensiamo di avere, deriverebbero dai media. Di positivo però, c’è che possiamo difenderci se sappiamo di essere bersagliati da simili campagne.
La puntata di Voyager si conclude qui; l’appuntamento con Roberto Giacobbo è lunedì prossimo.