Stiamo parlando de Il giornalino di Gian Burrasca di cui è protagonista il piccolo Giannino Stoppani.
Per interpretare questo bambino di nove anni fu scelta Rita Pavone: otto le puntate, trasmesse in prima serata dal 19 dicembre 1964 al 6 febbraio ’65 e replicate poi nel ’73, nell’82 e, infine, nel 2012 su Rai5. Dietro la sapiente regia di Lina Wertmüller, lo sceneggiato divenne infatti uno dei grandi successi della tv italiana, consacrando definitivamente la giovane attrice che gli presta volto e voce.
{module Google richiamo interno} Caratteristica di questa produzione, a differenza delle altre di cui vi abbiamo parlato, è di essere un vero e proprio musical: il motivo di W la pappa col pomodoro rimarrà impresso nella mente dei telespettatori, contemporanei e non.
Nel cast figurano grandi nomi quali Bice Valori che interpretava la direttrice Gertrude e Arnoldo Foà nel ruolo dell’avvocato Maralli, genero di Giannino. Vi sono inoltre Ivo Garrani, Valeria Valeri, Milena Vukotic, Elsa Merlini, Sergio Tofano, Paolo Ferrari, Checco Durante e Roberto Chevalier.
Le musiche sono curate da Nino Rota e Luis Bacalov.
Irrequieto, di un’ intelligenza vivace, coerente come solo l’ingenuità dei bambini può essere, Giannino Stoppani si scontra tutti i giorni con l’ipocrisia degli adulti, in particolare quella della famiglia borghese di cui fa parte. Animato ogni volta dalle migliori intenzioni, le sue scelte si rivelano puntualmente poco accorte.
Soprannominato Gian Burrasca, nomignolo che detesta, per via del suo carattere irruento finirà in collegio perché i genitori non riescono più a contenerne il temperamento. Anche qui però, ancora una volta, saranno i direttori dell’istituto a doversi arrendere. Giannino si ribellerà all’affronto che ogni giorno subiscono lui e i suoi compagni, costretti a mangiare una minestra di magro che è in realtà il frutto delle sciacquature dei piatti sporchi della settimana. La rivolta è al grido di W la pappa col pomodoro, che Gian Burrasca rivendica a gran voce.
Tornato a casa, le sue avventure non terminano: la conclusione del romanzo è affidata ad un episodio in cui il povero ragazzino, nuovamente ingannato dalla sua buona fede, incappa in una questione che lo porterà, nonostante le intenzioni, a rovinare la carriera politica del genero.
Il personaggio ha avuto un riscontro tale che l’espressione Gian Burrasca è entrata nel linguaggio comune, proprio ad indicare un bambino particolarmente sveglio.