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Certo, è tv da pugno allo stomaco, che ha sollevato proteste perfino oltreoceano e che nonostante in Italia non vada in onda sulle reti generaliste potrà suscitare sconcerto quando sarà trasmessa in esclusiva dall’11 novembre su Sky Atlantic, mentre la seconda serie partirà a febbraio 2015. E però è la conferma della commistione cinema-tv sempre più ingombrante.
Una liaison che non fa storcere il naso a grandi registi e a grandi attori. Pensiamo a George Clooney, interprete di lungo corso per Soderbergh che proprio sul piccolo schermo ha cominciato la carriera, e al sex symbol Clive Owen, protagonista di “The Knick” che ha fatto la gioia delle fans assiepate lungo le transenne del tappeto rosso.
Sulla rinascita della tv di serie A ha detto Owen: “In questo momento ci sono ottimi registi per la tv. E poi con questo mezzo hai più tempo per approfondire i tuoi personaggi, puoi assumere anche più rischi che al cinema”.
Quanto alla crudezza della serie (che racconta di un medico chirurgo cocainomane ma geniale vissuto a New York a inizio Novecento) “nasce dal fatto – ha spiegato l’attore britannico – che abbiamo voluto essere in tutto e per tutto credibili. Usavamo gli strumenti dell’epoca e c’erano degli esperti che ci dicevano quanto sangue poteva e doveva scorrere in un determinato intervento”.
Ecco dunque operazioni a cielo aperto dove il rosso plasma scorre abbondante. Un eccesso splatter che inficia l’opera, la quale ha però altre frecce nel suo arco, per esempio la straordinaria ricostruzione della New York di inizio Ventesimo secolo e l’intelligenza gotica della regia.
Ma vediamo il plot di questo medical drama: Owen è il chirurgo John Thackery, un cocainomane così devastato dal suo vizio che si inietta la droga nei piedi, ma anche un uomo geniale, trasgressivo e intollerante. Nell’ospedale che dirige, Thackery è una sorta di pioniere di nuove tecniche (il suo personaggio è ispirato al vero celebre chirurgo William Halstead).
Nel team del medico, che si divide tra bordelli e fumerie di oppio, anche il giovane Dr. Bertie Chickering Jr (Michael Angarano), il suo pupillo Dr. Everett Gallinger (Eric Johnson), la bella infermiera Lucy Elkins (Eve Hewson). Mentre, sul fronte del male, troviamo l’autista d’ambulanza Tom Cleary (Chris Sullivan) disposto a tutto, anche a vendere cadaveri, pur di fare soldi, e il corrotto amministratore del nosocomio Herman Barrow (Jeremy Bobb). In questo mondo pieno di corruzione e velleità scientifiche arriva poi a complicare le cose un collega di colore, il Dr. Edwars, che si trova contro non solo Thackery, ma anche gli stessi pazienti per nulla disposti a farsi toccare e tantomeno curare da uno di colore.
Dalle tinte forti e dai divi stranieri alla delicatezza di una Natura incontaminata filmata da un figlio d’arte italiano, Brando Quilici, erede di quel Folco che ha regalato alla Rai indimenticabili documentari e lungometraggi.
Entrambi hanno fatto il pieno dei flashes dei fotoreporter per la presentazione nella cornice Eventi Speciali di “Il mio amico Nanuk”, il film distribuito da Medusa (sul red carpet anche l’ad, Giampaolo Letta) che sarà nelle sale dal prossimo 13 novembre. Brando Quilici insieme col cineasta canadese Roger Spottiswoode narra una storia ambientata tra i ghiacci dell’America settentrionale.
Il piccolo Luke scopre che un cucciolo di orso polare è stato separato dalla madre. Tenta così di ricongiungere i due con l’aiuto di Muktuk, mezzo inuit e mezzo canadese, che conosce bene il territorio dove vivono i plantigradi. Luke dovrà imparare a proteggere se stesso e il cucciolo dai pericoli che celano i territori selvaggi. Un film per famiglie, capace di emozionare e di insegnare il rispetto della Natura, che si rivela in tutta la sua poetica maestosità esaltata dalla macchina da presa e dalla sapienza del montaggio