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Le aziende hanno scelto per gli spot due soluzioni molti diverse tra loro: mentre la prima punta da alcuni anni su un cortometraggio con dei topolini protagonisti, la seconda esalta la bontà del formaggio mettendo in evidenza la sua lunga tradizione. Vediamole dunque nel dettaglio.
Iniziamo dal Parmareggio, che proprio nel mese di novembre ha lanciato lo spot La fabbrica del grattugiato, dal titolo ispirato al film del 1971 Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato. Come nel film infatti, viene mostrato il meraviglioso mondo che si cela dietro il prodotto.
In questo caso quindi, forme di parmigiano che rotolano su appositi nastri per poi essere tagliate a spicchi, grattugie sospese in aria, montagne di grattugiato: a mostrare la fabbrica alla sua famiglia, il papà Emiliano, grande intenditore di formaggio.
Lo spot si apre con la famiglia di topolini, il papà Emiliano, la mamma Ersilia e il figlio Enzino, in una vallata di parmigiano; passando davanti a una forma di Parmareggio, Emiliano decide di mostrare agli altri cosa nasconde “il segreto di ogni intenditore”.
Nella scena finale, a processo terminato, la mamma versa il parmigiano sul piatto di pasta del figlio, espletando la sua funzione di accudimento, tipica della figura materna; il padre invece, aprendo le porte della fabbrica, ha svolto un ruolo di insegnamento, lasciando Enzino meravigliato dalla scoperta.
Pur se animati, i tre topolini sono una famiglia dove i genitori svolgono una funzione reale nei confronti del loro “bambino”.
Passiamo ora allo spot del Grana Padano. L’inquadratura iniziale è su un campo all’alba; un uomo si ferma a guardare le prime luci del mattino; intanto, la voce fuori campo recita “adesso, parliamo di cose buone”.
L’incipit preannuncia allo spettatore che gli verrà raccontata una storia; una sorta di “C’era una volta” che anticipa il resto. Dalla terra calpestata dall’uomo, si prosegue quindi con una bambina
che corre sull’erba cresciuta da quella stessa terra, per poi passare alla mucca che dell’erba si ciba. La catena continua con l’uomo, un anziano, che ha scelto il latte più buono, fino allo chef che realizza un piatto con il pregiato formaggio dop.
Il claim finale, “il buono che c’è in noi”, identifica il Grana Padano come parte dei suoi consumatori, proprio in virtù della sua tipicità.
L’anziano in particolare, diviene identificazione della tradizione del prodotto che, allo stesso tempo, grazie alla bambina, attraversa tutte le generazioni divenendo così un patrimonio alimentare condiviso: dal contadino che si alza all’alba, ai clienti del ristorante seduti al tavolo in una delle ultime inquadrature.
Anche qui, come nel Parmareggio, l’attenzione è sul ciclo produttivo del Grana Padano, ma declinato da un punto di vista emotivo, grazie alle immagini evocative.