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Poi appaiono loro, i confinati antifascisti, tutti giovani e donne, magri, malvestiti, con occhi senza speranza che l’azzurro del mare non rallegra. Già: le dittature e il potere in generale scelgono sempre le isole come luogo di confino – a partire da Napoleone a S.Elena (dall’Elba era riuscito a fuggire) – perché l’isolamento dal mondo stronca la resistenza morale e fisica dei nemici politici.
Salgono lentamente i sentieri rocciosi – questa roccia dura e sterile, che inutilmente i confinati tentano di zappare e coltivare, nella fiction diviene un simbolo della durezza della prigionia – i giovani Altiero Spinelli, la mente della resistenza antifascista, Eugenio Colorni filosofo ebreo, Ernesto Rossi altra mente dell’antifascismo, Ursula Hirschnann ebrea berlinese, Ada Rossi moglie di Ernesto e via via gli altri confinati, fra cui Sandro Pertini e Umberto Terracini.
Tra il 1941 e il ’43 Ventotene vide infatti sopravvivere, ma anche vivere e concepire una libera Europa Federale Unita, quel gruppo di giovani idealisti, che sapevano che gli ideali alla fine vincono. Il clima ben ricostruito dal film è quello delle irruzioni della polizia fascista nei dormitori, all’improvviso, anche di notte, sparpagliando preziosi fogli, distruggendo oggetti, percuotendo gli uomini. Si vive nel terrore dei bombardamenti – donne, uomini e i pochi bambini fuggono nelle grotte dell’isola, con gli occhi pieni dell’immagine della morte, finchè il rumore delle esplosioni non si allontana.
Ma i confinati – tutti giovani, anche Pertini (Ignazio Oliva) che perciò stentiamo a riconoscere – riescono a ‘pensare’, persino a litigare fra loro nel disegnare il progetto di un’Europa federale libera, e a vivere momenti di sogno e serenità, come quando all’aperto, sotto il sole generoso del Mediterraneo Spinelli legge con Ursula le poesie di Majakovskij: e così nasce il loro inconsapevole, puro e impossibile amore. E nasce anche fra le fredde mura del carcere, dalle discussioni accese di ragazzi di poco più di vent’anni, di un ponderato Colorni (Orlando Cinque), di un bollente e tagliente Ernesto Rossi (Peppino Mazzotta), di un indomabile Spinelli (Vinicio Marchioni), il meraviglioso disegno politico detto ‘Manifesto di Ventotene’, affidato ad un libricino sfuggito miracolosamente alle mani della guardia fascista, entrata nel cuore della riunione per picchiare e buttare all’aria tutto.
E si arriva all’arresto di Ernesto Rossi, che saluta col coraggio dei giusti, e la ridente sfacciataggine dei ragazzi, gli amici rimasti e la moglie Ada, già certi della sua imminente fine. Ma arriva violentissima come una fiammata, la notizia che Mussolini è stato arrestato.
Tutto cambia anche a Ventotene: i confinati si prendono la soddisfazione di inchiodare il capo della polizia e il suo repentino e vigliacco voltafaccia politico: “Non abbiamo nuove camicie, se non nere…”, e i ragazzi-eroi: “E allora mettetele in varechina!”.
Il film non si arresta qui, include il momento in cui Colorni accetta e riconosce l’amore assoluto e incolpevole fra la moglie Ursula (Isabella Ragonese) e Altiero, e nella sua grandezza morale li lascia liberi. Ed include anche i tristissimi momenti della morte dei giovani eroi ormai anziani, specie quella di Rossi in un asettico ospedale, con accanto a sé Spinelli, il fratello dei giorni difficili.
Poi il film si prolunga fino al 1984, quando il Parlamento Europeo approva il progetto di Unione Europea, chiamato ‘Trattato Spinelli’, sostenuto da un Marchioni artificialmente invecchiato, che riprende dinanzi al pubblico l’immagine hemingwayana del libro “Il Vecchio e il Mare”, come modello di indomito coraggio.
E’ quello che il regista Alberto Negrin, con la sua fedelissima fiction, priva di immagini cruente come di inutili immagini erotiche, sullo sfondo della musica di Martino Palmitessa ma anche di Beethoven, propone alla gioventù di oggi, perché non perda fiducia nelle idee, e nella buona e sana politica.