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Raccontare gli ultimi vent’anni di televisione in pillole: è questo l’obiettivo di “Interferenze”. Nella trasmissione di Rai Storia, ogni puntata, della durata di circa 25 minuti, è incentrata su un anno. Si è partiti dal 1994 e si chiuderà, domenica 14 dicembre, con il 2013.
Una formula efficace in virtù della sua semplicità: tutto parte dall’analisi di un programma di grande successo dell’epoca. Con l’aiuto di esperti del piccolo schermo, il telespettatore riesce poi a tuffarsi nel mare televisivo del passato apprendendo informazioni e curiosità in maniera chiara. La successione serrata di clip ed interviste tiene sempre desta l’attenzione di chi guarda la trasmissione, elemento fondamentale per la buona riuscita di un format di appena mezz’ora.
La composizione fluida e l’uso adeguato del linguaggio televisivo, di conseguenza, permettono anche al pubblico più giovane di accrescere il proprio bagaglio di conoscenze sulla televisione contemporanea e non solo.
L’elemento più significativo, infatti, sta nel fatto che i contributi video proposti permettono di ripercorrere gli avvenimenti più importanti della storia recente, eventi che, grazie al racconto televisivo, possono catturare l’attenzione di un ragazzo o di un bambino più di quanto possa fare un libro scolastico. “Interferenze”, dunque, celebra la più importante tra le funzioni del piccolo schermo, evidenziando il valore della tv come testimone e talora protagonista dei fatti storici.
Con “Il ritorno di Ulisse”, fiction in onda la domenica su Rai 1 in prime time, si auspicava un ritorno in grande stile dell’epica omerica in televisione. Peccato che così non è stato. Lo sceneggiato televisivo, composto da quattro puntate, di cui due finora andate in onda, ha stravolto sotto molteplici aspetti il capolavoro della letteratura greca. La libertà creativa degli sceneggiatori ha così confezionato una fiction con molti punti critici, che uniti contribuiscono a renderla poco “family friendly”.
Il primo elemento che suscita perplessità è la poca fedeltà all’opera originale. Molti sono gli eventi completamente travisati: ad esempio, Ulisse (interpretato da Alessio Boni) non viene riconosciuto al suo arrivo a Troia dal porcaro Eumeo come previsto dalla tradizione, ma da un indovino; l’eroe svela in seguito la sua presenza a palazzo reale nel corso di una discussione tra i Proci e il figlio Telemaco e non durante la gara di arco organizzata da Penelope. E l’elenco potrebbe continuare.
Grande importanza viene data, inoltre, alla componente sentimentale. In particolare, si indugia molto sull’improbabile storia d’amore tra il giovane Telemaco e la schiava troiana Clea, un rapporto che verrà osteggiato da Ulisse. L’attenzione alle dinamiche amorose dei protagonisti comporta anche la presenza di scene di nudo e di sesso, di cui si poteva fare tranquillamente a meno.
Quello che però rende “Il ritorno di Ulisse” un prodotto poco adeguato per un pubblico di famiglie e di minori è l’abbondanza di scene di violenza. Nelle puntate trasmesse si sono visti combattimenti cruenti, culminati nella maggior parte dei casi con sgozzamenti e sangue versato in abbondanza. Scene del genere possono facilmente spaventare i bambini e i ragazzi all’ascolto.
Alla luce di tutti di questi elementi, la sensazione che si percepisce è che “Il ritorno di Ulisse” poteva rappresentare un’occasione per avvicinare il pubblico di studenti ai grandi capolavori della letteratura antica attraverso il mezzo televisivo. Una chance, però, fallita in maniera evidente.