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Lo tsunami asiatico è stato il disastro naturale più devastante dell’era moderna. Lo speciale ripercorre i momenti salienti di quelle giornate di emergenza, aprendo uno squarcio inedito su come il mondo ha gestito un evento di tali proporzioni. Gettando luce soprattutto sulle indagini forensi che sono seguite al disastro – condotte da una task force di specialisti di più di 30 paesi – per recuperare, identificare e riportare a casa le spoglie delle vittime.
Dopo le prime ore, quando i thailandesi iniziano ad accatastare i corpi delle vittime presso i cortili dei loro templi buddisti, appare chiaro che la situazione sarebbe degenerata. Dopo 60 ore mettono piede nel paese i corpi speciali dell’intelligence australiana guidata dall’agente federale Karl Kent, che aveva già lavorato in quel quadrante all’epoca delle bombe a Bali nel 2002.
{module Google richiamo interno} Per lui, avvisato dalle autorità locali che si trattava di gestire qualche centinaia di corpi non identificati, trovarsi in quel disastro fu uno shock.
In tutto il mondo nel frattempo, familiari di viaggiatori cercano angosciosamente notizie: il 27 dicembre in Gran Bretagna sono dispersi più di 22mila cittadini, in Germania 40mila, le autorità dei singoli paesi faticano a dare risposte e sono bersagliate dalla stampa per la loro tardiva presa di posizione. Il primo contingente inglese di soccorso verrà inviato solo il 29 dicembre, trovando già sul posto le squadre tedesche, olandesi, francesi e giapponesi.
Con il passare dei giorni, squadre DVI (Disaster Victim Identification) arrivano da tutto il mondo, mettendosi a disposizione di Karl Kent, nominato “Chief of Staff”, e del suo equivalente thailandese Generale Nopadol. Dopo 6 giorni non vi è più alcuna speranza di indentificare “visivamente” i cadaveri, nemmeno le razze o le etnie di appartenenza sono più distinguibili. Nel frattempo, non si contano le migliaia di parenti che, non avendo più notizie dei loro cari, stanno accorrendo da tutto il mondo portando con loro foto, radiografie, certificati medici e ogni altra cartella clinica che possa aiutare per l’identificazione.
Con il passare dei giorni sale a 400 il numero degli specialisti internazionali coinvolti, inclusi membri dell’Interpol. Viene creata una squadra incaricata di pulire, fotografare e identificare ogni singolo oggetto, gioiello, giocattolo, vestito, recuperato dai resti dello tsunami. Nelle settimane e nei mesi successivi vengono allestiti centri all’avanguardia per l’identificazione via DNA e via impronte digitali, e per tutti la missione più importante è quella di dare un nome certo alle vittime per riportarle a casa, regalando un minimo di sollievo a coloro che sono rimasti vivi. A 2 anni dall’evento, più di 4000 corpi erano stati riportati a casa in 40 paesi diversi, anche se ancora oggi restano 338 corpi da identificare e 444 “dispersi” da rintracciare.