Una modalità solo apparentemente di minor impatto emotivo rispetto alle immagini a cui generalmente si fa riferimento, quelle cioè dei campi di concentramento che hanno aiutato a documentare lo sterminio di massa di un popolo. Siamo, infatti, in presenza di un racconto altrettanto autorevole per efficacia, perchè si propone di descrivere da vicino le vicende di alcune famiglie che risulteranno tutte coinvolte nello stesso drammatico destino.
Il percorso inizia dall’Archivio di Stato di Milano, dove viene consultato il fascicolo dedicato alla famiglia Reinach. Durante l’analisi, emergono documenti dai quali traspare, al di là del freddo linguaggio del protocollo burocratico, la presenza di delazioni da parte di amministratori di case e di colleghi di lavoro, oltre ad una serie di denunce che hanno portato al tragico epilogo della deportazione ad Auschwitz di tutto il nucleo familiare, in quanto di origine ebraica. Tra i beni in possesso dei Reinach, alcuni furono confiscati e altri venduti in maniera frettolosa. Tra questi la loro villa a Lanzo d’Intelvi, un singolare luogo di frontiera tra Lombardia e Canton Ticino, che nella belle epoque post-unitaria divenne luogo di villeggiatura per i lombardi che fuggivano il caldo e l’umidità dei laghi, imponendosi come un vero e proprio gioiello del gusto liberty del tempo.
Accanto alla storia dei Reinach, ne viene raccontata un’altra, egualmente drammatica, quella di un’altra famiglia, anch’essa di radice ebraica. Si tratta dei Camondo, che giunti in Francia a metà ‘800 dalla Turchia diventarono ben presto protagonisti e animatori della borghesia parigina. La famiglia, infatti, era riuscita a creare un circolo intellettuale molto prestigioso e attivo nel quale ci si interessava di ogni forma di cultura, intensificata anche dal fatto che la famiglia aveva una profonda passione per il collezionismo d’arte.
La valenza culturale della famiglia e le frequentazioni con i circoli letterari e artistici più prestigiosi, sono documentati anche da un celebre quadro di Renoir nel quale è ritratta la moglie di Moise de Camondo quando era ragazza. Il dipinto era accanto ad altre opere di Van Gogh, Cezanne, Monet, nell’inventario di capolavori della Collezione Bürhrle di Zurigo. E’ venuto fuori, così, che Moise de Camondo decise di trasformare la sua casa in un museo, il Musée Nissim de Camondo, e di dedicarlo alla memoria figlio caduto durante la I guerra mondiale. Visitare questa casa museo significa constatare personalmente quale fosse la ricchezza intellettuale e il gusto artistico che caratterizzavano la vita della famiglia. Una targa, all’uscita del museo, ricorda il sacrificio dell’ultima dei Camondo, Beatrice, che nel 1944 perse la vita ad Aushwitz.