“Per me è strano stare qui, sono emzionata e contenta” confida l’artista, accolta da calorosi applausi dei giornalisti, ripetuti ad ogni sua risposta. Che ci sia odore di premio della critica?
Per tanti anni hai provato a partecipare a Sanremo, ma non riuscivi mai ad arrivare nella rosa dei giovani in gara. Perchè sei sempre tornata?
Perchè sentivo che ogni volta c’era qualcosa di nuovo in me, e Area Sanremo era l’occasione per presentare quello a cui stavo lavorando durante l’anno. Era solo colpa mia comunque, forse non ero ancora pronta e quando sono arrivata senza aspettative, ecco la luce.
Tu hai un approccio molto spirituale alla musica.
Dopo 4 vittorie ad Area Sanremo le cose non andavano come speravo. Allora mi sono fermata e sono andata al centro di quello che ero io, ho fatto un percorso interiore e lavoare con la natura mi ha cambiata e mi ha fatto capire il vero senso della vita.
Hai fatto tanta gavetta.
Da ragazzina non mi piaceva fare i concorsi perchè non amavo la competizione. In realtà poi ho capito che servono a trovare coraggio e a misurarsi con se stessi.
Com’è nato il tuo look con il turbante?
Non è stato studiato. Mi avevano invitato all’inaugurazione di lavoro e dopo 12 ore di lavoro ero impresentabile. Ho messo una sciarpa in testa e mi sono sentita bella. E poi è anti cervicale, anti mal di testa ecc… (ride, ndr)
Perchè il nome Amara?
Quando ho iniziato a scrivere i brani mi sono resa conto che dentro di me c’era un’entità che voleva gridare le amarezze della vita. Allora ho scelto di lasciare da parte Erika (il mio vero nome) e mettere al centro Amara.
Carlo Avarello (il produttore dell’artista, ndr), come ha conosciuto Amara?
Ho conosciuto Amara un anno ad Area Sanremo, concorso che vinceva sempre ma che non le consentiva mai di calcare il palco del Festival di Sanremo. Poi ci siamo ritrovati e quando ho ascoltato due suoi brani non ho potuto fare a meno di chiederle di entrare nella squadra della mia etichetta, Isola degli Artisti.