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Altro spazio per lui, sul piccolo schermo, il comico e trasformista al momento non ne vede. E in effetti nemmeno lo cerca. Oltre a dipingere, il versatile imitatore sta infatti portando avanti un progetto molto ambizioso. E dà appuntamento per lunedì 2 marzo alle 20.45 al Teatro Nuovo di Milano.
Ballantini, ci i spiega idi che si tratta?
Di un sogno che diventa realtà. Porto nei teatri lo spettacolo “Da Balla a Dalla, Storia di una imitazione vissuta”, mio personale omaggio all’indimenticabile cantautore bolognese. Reinterpreto una parte della sua straordinaria produzione musicale, proiettando sullo sfondo della scena fotografie, immagini e disegni da me realizzati durante gli anni del liceo, quando mi divertivo a immortalare Lucio sulle pagine dei miei diari e dei quaderni.
Che rapporto aveva con Dalla?
Siamo stati molto amici e fan l’uno dell’altro. Io sono cresciuto con le sue canzoni e la sua musica è stata un po’ la colonna sonora di tutta la vita. Lui è stato un grande estimatore della mia pittura. Nel 2009, durante una mia esposizione in Triennale Bovisa, ha cantato gratuitamente mentre io dipingevo. In quell’occasione, lo ricordo come fosse oggi, disse: “L’opera pittorica di Dario è una cosa seria. Magari lui no, ma tutto quello che fa a livello artistico è assolutamente serio e positivo”
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Quanto durerà il tour di “Da Balla a Dalla”?
Che dire…vorrei farlo per sempre.
Passare da Dalla ai suoi quadri è un passo immediato. Cosa rappresenta nei suoi dipinti?
Rappresento l’umanità, il tormento degli esseri umani ai giorni nostri.
In ogni suo quadro c’è un volto umano, che le assomiglia tantissimo...
Io vorrei rappresentare l’umanità in generale, ma forse davvero esco io.
Come si è evoluta la sua arte negli anni?
Non so se il mio modo di dipingere si sia evoluto; sicuramente è cambiato molto, come d’altra parte io stesso. Prima la mia pittura era più riflessiva e in certi casi descrittiva, ora è più esplosiva: ho infatti l’esigenza di essere più immediato e che la mia arte sia meno ragionata possibile.
C’è un messaggio che vuole dare a chi si approccia ai suoi quadri?
L’essere umano dovrebbe essere forte più di ogni ostacolo. Vorrei che il mio messaggio intenerisse l’essere umano che si deve sempre ricordare di essere stato bambino e che la purezza dell’infanzia va conservata per tutta la vita.
Scelga per noi un quadro e ci descriva cosa c’è dietro…
“Nuovo” risale al 2014, a prima del mio viaggio a Miami. C’era la novità da affrontare: era la mia prima volta in America e in una Transoceanica e in occasione della ‘Italy-Miami, a friendship in art’ dovevo dipingere il Wynwood Walls, un muro di ben 19 metri che sta diventando unico per i contributi di molti artisti internazionali che hanno fatto risorgere un rione degradato, rendendolo il quartiere d’arte più importante del mondo.
In questo quadro la figura umana che emerge ha uno sguardo che esprime curiosità, smarrimento, paura, insicurezza, desiderio, incertezza, tutte emozioni e sensazioni che stavo provando in quel momento. È un quadro a mio avviso molto esplicativo, anche alla luce di quello che sta accadendo ora nel mondo.
Non si potrebbe fare la stessa cosa in Italia?
Sarebbe davvero bello, ma ancora non me ne hanno dato la possibilità. Purtroppo la burocrazia e la lentezza delle Istituzioni nei confronti dell’arte non credo renderanno questo progetto facilmente realizzabile. Neppure ora che Expo è alle porte e che si potrebbe mostrare al mondo quello che l’Italia sa fare, anche da un punto di vista artistico contemporaneo.
Ha ancora nel cassetto il sogno di fare il regista?
Da quando sono ragazzino sogno di fare il regista cinematografico. Non ho mai studiato per diventarlo, ma ho visto moltissimi professionisti registrare: tutto si basa su gusto e inquadratura, e io ho le carte in regola per farlo. Manca solo il film. Per ora c’è un progetto su di me e sulle mie doti di trasformista, poi vedremo.
Dove vuole arrivare Dario Ballantini?
Dentro me stesso…