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Realizzare una trasmissione in cui la cultura “alta” e l’intrattenimento si mescolano creando un cocktail frizzante è quello che riesce da diciotto anni ormai a “Per un pugno di libri”. In onda fin dalla sua prima puntata da Rai 3, il format vuole costituire per gli studenti un valido supporto per avvicinarli ed appassionarli al mondo della lettura.
Per farlo, si ricorre allo strumento del quiz: due squadre, nello specifico due classi dell’ultimo anno delle superiori, si sfidano a suon di giochi tutti basati sulla letteratura antica, moderna e contemporanea. Chi si aggiudica la contesa porterà casa non il solito premio in denaro, ma cibo per la mente: libri.
Il programma, nel corso della sua storia, ha visto alternarsi diversi conduttori. Da due anni al timone c’è Geppi Cucciari: la sua presenza dà ritmo e diverte il telespettatore, non facendogli correre il rischio di annoiarsi grazie ad una conduzione ironica e briosa. Il binomio che crea con il professor Piero Dorfles fa il resto. Nel look, questi rispecchia in toto i canoni del classico docente esigente e puntiglioso, ma in realtà si dimostra molto rassicurante nei confronti dei giovani concorrenti, spiegando loro con semplicità i contenuti dei libri proposti durante la puntata e prestandosi talvolta al gioco, abbandonando il presunto distacco che il suo ruolo dovrebbe imporgli.
Il magico mondo del libro così può più facilmente spalancare le sue porte ai ragazzi, oggi tendenzialmente attratti da altri interessi, puntando a far capire loro l’importanza della cultura come mezzo anche per migliorare se stessi. “Per un pugno di libri” rappresenta dunque un vero e proprio spot per la diffusione della conoscenza, declinato in una logica televisiva che lo rende perfettamente fruibile da un pubblico giovane, ma anche da quello più adulto.
La ricerca del grande amore: è questo, o almeno dovrebbe essere, l’intento che muove i protagonisti di “Uomini e donne”, il programma condotto da Maria De Filippi, in onda su Canale 5 dal lunedì al venerdì dalle 14.45.
Il meccanismo è risaputo: un (o una) “tronista”, corteggiato in studio da una folta schiera di spasimanti che devono riuscire a conquistare la sua attenzione. Ne rimarrà soltanto uno, scelto al termine del percorso dal corteggiato/a, con il quale potrà gettare le basi per un rapporto sentimentale che si auspica duraturo.
Al di là della scelta di voler rendere di dominio pubblico l’intimo percorso dell’innamoramento tra due persone, l’aspetto più critico del programma sta nel comportamento dei suoi protagonisti. Si assiste, molto frequentemente, a diverbi accesi tra i contendenti, con offese e accuse reciproche (e parolacce bippate), che rischiano più volte di sfociare in vere e proprie risse. Il tutto avviene sotto l’occhio della conduttrice, che invece di indurre tutti alla calma, preferisce assistere e far assistere il pubblico ad uno spettacolo grottesco, al quale partecipano anche (spesso in veste di provocatori) gli opinionisti in studio.
I protagonisti, poi, sembrano assomigliarsi tutti, negli atteggiamenti e nell’estetica: usano lo stesso tipo di argomentazione per spiegare le loro scelte, sono curati nel look e di bell’aspetto, fattore che spinge anche a riflettere sul perchè decidano di prendere parte ad una trasmissione televisiva per trovare il partner giusto con cui passare (o sperare di farlo) il resto della loro vita. Tutto lascia intendere che il vero motivo sia quello di avere una vetrina da sfruttare per acquisire notorietà. A “Uomini e donne”, dunque, più che al trionfo dell’amore, svuotato del suo significato profondo, si assiste alla celebrazione dell’apparenza, l’unico motore che in realtà sembra permettere alla macchina del programma di mettersi in moto.