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Nato a Bombay nel 1936, si formò a Vienna con Abbado e Barenboim, divenne nel 1960 direttore stabile della Sinfonica di Monteal, poi della Filarmonica di New York, dirigendo comunque e ovunque prestigiose orchestre in tutto il mondo. Specializzato nel repertorio verdiano e pucciniano (ebbe stretti rapporti coi tre tenori Pavarotti, Carreras, Placido Domingo), nel 1986 passò alla direzione dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, divenendone nel 2006 direttore onorario ad honorem e italianizzandosi profondamente. Ebbe vita privata e coniugale piuttosto movimentata, tuttora mantenendo una vitalità accesa, una carriera concertistica coronata da successi e riconoscimenti, e una qualità musicale altissima.
Il programma in onda su Rai1 nel giorno di Pasquetta alle 24,15 verte sulla Sesta ed ultima Sinfonia op.74 ‘Patetica’ di Petr Ilic Cajkovskij. E’ forse la più tesa, drammatica e prèsaga della propria morte che il compositore russo abbia scritto (morì nove giorni dopo la sua esecuzione pubblica a San Pietroburgo, diretta da lui stesso, il 16 ottobre 1893).
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Il compositore aveva da poco saputo dalla sua mecenate Nadezda von Meck che i rovesci finanziari le avrebbero ormai impedito il sostegno finanziario che sino ad allora gli aveva assicurato, anche se ormai Cajkovskij era celebre ed economicamente al sicuro: più grave fu la conseguenza dell’inclinazione innegabile che egli allora mostrò verso il figlio di un nobile, che minacciò uno scandalo dinanzi allo Zar. Per evitare il quale i musicisti a lui vicini, i più riconosciuti allora in Russia, pare gli proponessero un ‘suicidio’ per avvelenamento: e indubbiamente la morte di Cajkovskij – ufficialmente per febbre da colera (in che modo sarebbe avvenuto il contagio?) – resta ancora adesso inspiegabile. La sesta Sinfonia in si minore, che il fratello Modest definì ‘Patetica’, che fu scritta in poco tempo nell’estate del 1893 e della quale Cajkovskij anticipò che sarebbe stata la sua più veritiera, in effetti lo è: e non solo per i forti contrasti emotivi tipici di chi ha una psiche provata.
Essa inizia con un Adagio funereo, il cui scuro tema è esposto dai due fagotti, seguìto peraltro nell’Andante da una melodia fra le più belle e note del compositore. Ma lo sviluppo orchestrale mostra poi tali differenze nell’agogica (Moderato mosso, Moderato assai, Adagio mosso, Allegro vivo), da non far immaginare – nell’Andante come prima – la conclusione rallentata e spenta che ne è seguìta.
Il successivo tempo, nell’Allegro con grazia e nell’Allegro molto vivace, mostra quegli improvvisi eccessi ritmici e di trionfale volume sonoro da far supporre la conclusione della Sinfonia. Invece eccoci al Finale (Adagio lamentoso, Andante) che chiude inaspettatamente l’opera con lo smorzarsi degli strumenti, e col progressivo dissanguamento sonoro degli archi, dei fagotti, dei contrabbassi. Una vera morte in diretta, del grande e infelice Cajkovskij.