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Li abbiamo visti ingannare il tempo ripassando la loro esibizione: qualcuno si isola con la chitarra in spalla, qualcun altro si siede con le gambe incrociate a terra, altri ancora camminano nervosamente da una parte all’altra del cortile del palazzetto. C’è poi chi si lascia andare a manierismi vocali per dare sfoggio delle proprie doti canore.
Un ragazzo vive a Valencia, dove va al mare già da febbraio; eppure è tornato in Italia, proprio per X Factor. Forse questa è davvero volta buona, confida speranzoso ai compagni di avventura appena conosciuti sotto il sole dell’ Eur.
L’altoparlante intanto scandisce il prossimo turno: i concorrenti dal 2321 al 2340 si facciano avanti, prego. Sospiro di sollievo tra i pochi fortunati; agli altri, rassegnati, non rimane che abbassare le spalle.
Tanti gli aspiranti cantanti, troppi. Almeno per Giovanni, che si alza e se ne va: col passare delle ore, l’ansia è diventata insostenibile. Nessuno tra i ragazzi con cui stava parlando prova a fermarlo, nessuno tenta di convincerlo a restare: si limitano invece a un «allora te ne vai?» d’ordinanza. Del resto, è pur sempre un rivale in meno, anche se il numero di partecipanti è comunque poco incoraggiante per chi rimane.
Ma Giovanni è un caso forse unico; «Io sono qui dalle otto del mattino, non mollo finché non mi chiamano», dice Marco.
«Ci staranno 10mila persone», azzarda una voce con un lieve inflessione romana: Francesca è venuta da sola, e ora è al telefono con la madre che vuole sapere come è andata. Francesca però è ancora in attesa, sollevata dal fatto che il suo turno non sia poi così lontano.
Sfilano le ragazze, evidentemente preoccupate di svelare subito la propria anima musicale a partire dall’aspetto: capelli colorati, tatuaggi, shorts, stivali. Look curati alternati ad informali magliette a maniche corte: prepararsi per quella che appare un’occasione unica in fondo non dev’essere semplice. Specie quando la giovane età ha appena permesso a questi ragazzi di affacciarsi al mondo.
«Ho due figlie, e sono tutte e due qui per i casting» racconta una mamma. Due su due, ambo: adolescenti colorate che la televisione prima del talent, ignorano persino sia esistita. Non sono le uniche: diversi infatti sono i fratelli e sorelle che partecipano insieme.
Casi poco indicativi forse, ma spia di una generazione che vive il riflettore come ambizione comune: la telecamera diviene una livella che uniforma, specchietto per le allodole che convince che il percorso artistico inizi necessariamente dagli studi televisivi. Una generazione per cui, forse, il palco appare quasi un’aspirazione da cui non si può prescindere.
Si replica domani: i 15 minuti di notorietà teorizzati da Andy Warhol sono un ambito traguardo, accerchiati da tanti aspiranti artisti.