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Non del segno ‘puro’, grafico, della matita sul foglio, come lo intese Paul Klee facendo delle linee bidimensionali – vaganti sulla superficie secondo una spinta interiore – la prima forma di esperienza della mente, la prima forma di conoscenza: ma del segno come intervento materiale, architettonico e oggettuale, nella realtà che ci circonda.
Insomma, segno come ‘design’, come idea e progetto della traccia che l’ideatore vuole lasciare di sé nell’universo in cui vive, come intervento nello spazio esistenziale del singolo e della società. Enorme è stata nel secolo scorso l’importanza funzionale ed artistica del ‘design’, entrato nelle fabbriche e nei musei, portatore di oggetti perfettamente adeguati al loro uso (Bauhaus a Weimar e Dessau), o anche di oggetti il cui utilizzo è disegnato e creato proprio dalla loro forma, dell’idea a priori scaturita dal designer.
Questa grandiosa carrellata finale voluta da Sky Arte si concluderà con alcune personalità emblematiche di designers dapprima nell’ambito dei Paesi Bassi, che hanno spinto all’estremo la loro idea di design, giungendo a farne l’espressione della loro visione del mondo, quindi di un’istanza interiore di carattere speculativo. Leida: Marjan Teeuwen, artista il cui segno, il cui esserci nel mondo si afferma – ed è un aspetto tipico della tradizione artistica fiamminga – con un atto ripetitivo e quasi ossessivo, quello di intervenire in edifici da demolire per riedificarli, sovrapponendo uno all’altro i frammenti residuali, con atti sempre uguali che sembrano perdere il loro fine e il loro significato.
A Rotterdam incontreremo un decano del design olandese, Jurgen Bey, che decontestualizza ambienti interni con soluzioni architettoniche – segni – del tutto contrapposti a quelli originari, con risultati spesso divertenti nella loro sorprendente novità.
Si passa poi ad Amsterdam con Aldo Bakker, classe 1971, che ha esposto i suoi mobili e oggetti al Salone del Mobile del 2011 e nello Zuiderzee Museum: qui l’idea di funzionalità sparisce dinanzi a quella della novità creativa, come la sedia dalla spalliera a spillo (ma non erano simili ad essa le vermiformi balaustre di Horta a Bruxelles, di fine Ottocento, che potevi ammirare, ma a cui non potevi appoggiare la mano perché finiva nel vuoto?).
Ecco poi sempre ad Amsterdam lo Studio grafico e architettonico La Bolleur dove creano un gruppo di giovani designers animati da spirito goliardico, che non sai se stanno disegnando da architetti o ti stanno prendendo in giro, donandoti però importantissimi momenti di allegria.
Si giunge in volo in USA, a Willets Point, in un supermercato di motori, marmitte e carburanti: a Washington in una fabbrica di orologi molto, molto particolari, ed infine ad un eroe americano – eroe per davvero – a Bradley Snyder, che nella guerra in Afghanistan ha perso un occhio e poi da atleta paraolimpico ha vinto due ori e un argento a Londra nel 2010. Proprio a Londra Afroditi Krassa, una greca naturalizzata inglese, crea interni fitti e soffocanti ma stordenti e vissuti.
A Venezia ecco Evgen Bavcar fotografo cieco dall’età di 12 anni: lui ‘vede’ e fotografa creature forse inesistenti, ma concrete come poche. Milano: qui la coppia Robin Standefer e Stephen Alesch, dopo un passato hollywoodiano a creare ville per le star, chiuderà il ciclo con la creazione del Triennale Design Museum per Monza, con 70 anni di storia di oggetti tanto significanti che di più non si può.