Accade nel programma Soul che andrà in onda oggi, alle 12.15 (in replica alle 20.30) su Tv2000 (canale 28 del digitale terrestre, 140 di Sky, in streaming su www.tv2000.it).
Conti esordisce così: “la mia vita non è fatta di lustrini e paillettes, non è patinata come spesso avviene nel mondo dello spettacolo. Ogni fine settimana vado a Firenze in treno, vedo gli amici di sempre, faccio la spesa al supermercato; così facendo, come tutti, mi rendo conto che sono un privilegiato”.
{module Google richiamo interno}A colloquio per trenta minuti con Monica Mondo, Conti parla di sé, della sua famiglia di origine, dei suoi storici amici toscani, tra cui artisti come Giorgio Panariello, Marco Masini, Leonardo Pieraccioni e Francesco Nuti, cui non ha mai fatto mancare la sua amicizia dopo il dramma della sua malattia Ricorda un’infanzia segnata dalla morte del padre e il “grande carattere” della madre, la donna che per lui è stata “consigliera e amica, madre e babbo” allo stesso tempo.
Personaggio tra i più noti nel mondo della tv, reduce dal grande successo del Festival di Sanremo da lui condotto, il conduttore spiega il suo modo di intendere la popolarità: “Sono uno che non si esalta quasi mai quando le cose vanno bene e non mi abbatto se vanno male, mi godo la fortuna di fare questo mestiere“.
Nell’inedito racconto della sua vita trova spazio la descrizione del legame con San Francesco e con i frati di Assisi (“da loro ho imparato la concretezza della carità”), fin da quando serviva messa nella loro parrocchia fiorentina; e dell’incontro con Papa Francesco (“mi ha emozionato, è uno che ti squadra, sembra severo, poi ti invade della sua tenerezza paterna”).
In chiusura, un pensiero speciale dedicato alla sua attuale famiglia e all’”esaltante impresa della paternità” cominciata con la nascita del suo primo figlio. “Dovrà chiamarmi “babbo” – puntualizza con ironia-. Se mi dirà “papà” lo porterò subito a fare la prova del DNA. Quello del babbo è per me un mestiere da scoprire, per molti significa imitare o evitare il confronto con il proprio padre ma io non ho questo riferimento, per cui mi devo inventare “babbo”. E’ un’impresa faticosa, ma è un regalo, non per caso abbiamo voluto chiamare nostro figlio Matteo, perché significa “dono di Dio”.”