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nel corso delle quattro puntate vengono ricostruite indagini in giro per il mondo, sulle tracce di tombaroli, trafficanti, falsari abilissimi e insaziabili collezionisti, protagonisti di un business milionario pari a quello del narcotraffico internazionale.
E’ uno dei pezzi più preziosi esposti al Padiglione Italia di Expo 2015. Un marmo policromo del IV secolo a.C. che rappresenta due grifoni che azzannano una cerva. Tecnicamente è un “trapezophoros”, un sostegno per mensa. Questo dice l’archeologia. Ma la storia di questo prezioso reperto è anche molto più recente. Ed è tinta di giallo.
Come racconta la prima puntata, dedicata al “trapezophoros” e al Tesoro di Ascoli Satriano. Tutto comincia da un famoso tombarolo che in punto di morte – forse colto da un estremo pentimento per i tanti furti commessi – chiede agli investigatori del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale di ritrovare un eccezionale reperto da lui trafugato molti anni prima, insieme ad altri pezzi, nella zona di Ascoli Satriano, in provincia di Foggia. È proprio quel sostegno per mensa. I Carabinieri si trovano ad affrontare una ricerca non facile, perché il reperto è passato più volte di mano, tra mercanti d’arte e collezionisti. Fino ad arrivare al Getty Museum di Malibu, che lo ha comprato per cinque milioni e mezzo di dollari. Nel 2007 – dopo più di vent’anni dalla sparizione – il “trapezophoros” torna in Italia, grazie all’attività dei detective del Tpc.
Una vicenda, come le altre della serie, ricostruita in esclusiva, con un linguaggio che narra gli eventi combinando il fascino dei capolavori dell’arte con i ritmi incalzanti del “crime”. E sostenendo i racconti con le testimonianze dei diretti protagonisti: gli investigatori, i magistrati, gli esperti, le vittime.
I detective del Tpc aggiungono alla capacità investigativa una profonda conoscenza archeologica e artistica delle opere rubate: perché spesso bisogna dimostrare l’illecita provenienza di opere acquistate illegalmente da grandi musei attraverso inequivocabili prove storiche. Anche perché il furto di un capolavoro ha molto spesso le caratteristiche di un sequestro di persona: bisogna catturare i colpevoli, ma occorre innanzitutto salvare l’opera e – se serve – cambiare anche le regole di garanzia nelle relazioni internazionali dei grandi musei, come accaduto per il Tesoro di Ascoli Satriano.
Ma “Art Detective” è anche un viaggio all’interno del metodo di lavoro del Tpc, un reparto d’eccellenza dello Stato, diventato un modello operativo per le polizie di altri Paesi.
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Ecco gli altri casi:
LA Banda dei Piedi Scalzi
Nel 1998 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma tre banditi incappucciati e a piedi scalzi sequestrano le tre guardiane del museo – tre giovani donne disarmate – e rapinano due quadri di Van Gogh e uno di Cezanne: tre opere dal valore inestimabile. In meno di due mesi i banditi vengono individuati e arrestati. Il colpo più clamoroso nella storia dei musei italiani è stato messo a segno da una banda molto singolare, composta da criminali professionisti e da fiancheggiatori occasionali. E la basista lavorava alla Galleria. Ma chi aveva commissionato il furto di quei tre meravigliosi capolavori?
L’Identikit del mito
A Guidonia Montecelio, all’interno della Tenuta dell’Inviolata, il veterano dei tombaroli trova un’opera mitologica: la Triade Capitolina. E’ una scultura di tale valore da far perdere la testa a lui e alla sua banda. E allora qualcuno fa la spia e descrive a un giovane carabiniere del Tpc la straordinaria, misteriosa scultura che hanno trovato. A partire da un identikit, i carabinieri riusciranno a capire che si tratta della Triade, un capolavoro unico e assolutamente inedito. Lo trovano in Svizzera, pronto per raggiungere un grande museo americano. E lo riportano a casa.
Operazione half dollar
Il mercato dell’arte contraffatta è in costante espansione. E il principale obiettivo dei falsari è l’arte contemporanea. Per questo i carabinieri del Tpc frequentano abitualmente vernissage e gallerie a caccia di falsi. Nel 2008, durante un sopralluogo per una mostra dedicata al ventennale dalla scomparsa di Franco Angeli, i detective notano che alcuni dei quadri esposti sono troppo “freschi” per essere stati dipinti almeno vent’anni prima. Parte subito un’inchiesta: così si scopre che i falsi si nascondevano proprio nell’archivio storico del maestro della pop art italiana. Molti dipinti erano realizzati per conto di alcuni mediatori da due falsari, uno dei quali si era talmente calato nel suo ruolo da avere addirittura reinventato le opere originali.