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Si parte dalla capitale, per la precisione nel quartiere universitario di San Lorenzo. Qui il ristorante Mangiarte manca di qualsiasi competenza in fatto di ristorazione: prodotti surgelati, scarsa qualità, incomprensioni tra cucina e camerieri, menù vegani improvvisati.
Il locale guadagna soprattutto dall’area pub: aperto 24 ore, è punto di approdo per i ragazzi che sono andati a ballare e che, secondo lo stesso cameriere, non sentono più il sapore di cosa stanno ingurgitando. Le persone iniziano ad arrivare alle 11 di sera: a quel punto si crea il panico, perché i clienti che vogliono solo mangiare si “mischiano” a quelli che ordinano coktail e alcolici.
Cannavacciuolo ordina alcuni primi, tra cui matriciana, mezze maniche alla boscaiola e pasta cacio e pepe. Lo chef si accorge subito che sono stati utilizzati ingredienti in scatola e fa osservare al proprietario che, innanzitutto, si mangia con gli occhi. I “fa schifo” non vengono certo risparmiati: cucinare non equivale ad assemblare gli ingredienti.
Non solo: Cannavacciuolo non può fare a meno di notare la vocazione notturna del Mangiarte. La ristorazione è altro, davvero i proprietari vogliono muoversi lungo questa direzione? Equivarrebbe a stravolgere la natura stessa del posto. la risposta è si, dunque l’appuntamento è per il giorno dopo all’ora di pranzo.
Lo staff è sotto attenta osservazione: incomprensione, errori di comunicazione accrescono il nervosismo. La presenza di pochi clienti manda tutti in tilt, creando il panico. E naturalmente, i piatti realizzati lasciano la gente insoddisfatta.
Bisogna ripartire dalla basi. Cannavacciuolo parte dall’insegnamento, portando camerieri, barman e cuoco in un istituto alberghiero, dove viene spiegata la giusta postura da assumere, la mise en place, come apparecchiare. Poi si passa ai fornelli: Cannavacciuolo dispensa trucchi e insegna alcune ricette da riproporre.
Ma il Mangiarte va cambiato: via l’insegna confusionaria, interno riarredato mantenendo il concetto iniziale del riutilizzo degli ingredienti, tutto l’occorrente di padelle e coltelli, e soprattutto, l’apertura del giardino, una risorsa che prima era abbandonata a se stessa. Lo chef ha ideato anche il menu, unendo piatti semplici ispirati alla tradizione a snack e panini per i clienti della notte.
Arriva la sera della riapertura. Stavolta i clienti sono più che soddisfatti, e il segnale inequivocabile è uno solo: i piatti vuoti. Il locale aperto 24 ore per fatturare è solo un lontano ricordo.
Nel secondo episodio ci spostiamo vicino Milano, a Cernusco sul Naviglio, dove due anni fa è nato La Piazzetta. Roberto l’ha intestato alla figlia 21enne Giulia, che aveva altri progetti di vita: la ragazza non si dimostra sufficientemente interessata, arriva tardi, non riesce a farsi rispettare.
Roberto ha voluto dipendenti giovani che, trattandosi di un fast food all’italiana, creano il giusto clima. L’inesperienza ai fornelli è però tanta, specie tenendo conto del fatto che non si tratta solo di un fast foood ma anche di un ristorante-griglieria che offre pure il buffet: l’identità insomma, è molto confusa.
Cannavacciuolo, come al solito, va a testare le preparazioni. Innanzitutto il locale è difficile da trovare, sembra di entrare in un garage; in secondo luogo l piatti serviti sono unti, l’aspetto ben poco appetibile.
Il peggio viene però di sera, quando La Piazzetta apre: il disordine in cucina porta a perdere ordini, le attese sono lunghe, le persone minacciano di andarsenel, Giulia non viene ascoltata da nessuno.
Cannavacciuolo propono a Roberto di farsi un po’ da parte finché i ragazzi sentono la presenza dell’uomo, hanno una scusa per non impegnarsi fino in fondo. Ma lo chef li mette anche a confronto: emerge che Giulia viene vista come pigra e insensibile, perché, consapevole della sua posizione privilegiata, approfitta e arriva in ritardo.
Cannavacciuolo porta Giulia, i due cuochi e il cameriere in una casa di campagna per costringerlia collaborare: qui chiede loro di preparare 4 chili di tagliatelle in 20 minuti. Finora la proprietaria non si era mai “sporcata le mani”.
Per Marco e Andrea, i cuochi, il training prosegue in cucina; gli altri intanto puliscono.
Ovviamente, lo staff di Cannvacciuolo ha ristrutturato il locale, dandogli l’aspetto di una trattoria moderna. Il forno per la pizza è stato sistemato fuori dalla cucina, guadagnando così spazio; lo chef inoltre, ha richiamato due ex dipendenti che aiuteranno Giulia e si dedicheranno alle pizze.
Per Roberto invece, è arrivato il momento di diventare esclusivamente cliente: Cannavacciuolo lo “obbliga” a lasciare l’incarico degli acquisti a Giulia. La ragazza adesso ha un ristorante con una linea ben definita e un menù ripensato per il nuovo corso: adesso sente davvero La Piazzetta come un posto suo.
La serata di inaugurazione lascia lo chef molto soddisfatto: per la prima volta inoltre, Giulia prende la situazione in mano e chiede al padre Roberto di non metterle ansia. La ragazza, così come i suoi govani colleghi, è davvero diventata adulta.