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Siamo dinanzi ad un appuntamento da prima serata domenicale estiva che, almeno nella prima puntata, è apparso non monotono e abbastanza accattivante. Camila Raznovich e Dario Vergassola si sono divisi i propri compiti: lei intervista gli ospiti e lancia i filmati, lui si produce in incursioni ironiche, raccontando gli ospiti alla sua maniera. Una sorta di folletto un po’ stagionato ma che riesce a dare il giusto guizzo ai vari spazi e alle interviste.
Certo qualche battuta è un po’ scontata, qualche altra può non piacere al personaggio (è accaduto nella puntata d’esordio con Malika Ayane). Ma un bilancio complessivo evidenzia che la coppia funziona.
Accettabile la parodia della Dario Flot proposta da Vergassola: in un programma basato sui viaggi è logico presentare l’imitazione del comandante di una compagnia aerea. Ci sono stati dei limiti: la vis comica di questa parte è apparsa alquanto limitata e ingabbiata in stereotipi tipici di un’ironia dejà vu.
La speranza è che, nelle prossime puntate, Vergassola possa aver trovato una migliore ispirazione per portare avanti la sua Dario Flot.
Camila Raznovich non cela la propria esuberanza che è la sua cifra professionale caratteristica. Talvolta può anche apparire sopra le righe, ma la vivacità e la scattante prontezza della conduzione fanno considerare questo limite un peccato veniale.
Molto belli di documentari andati in onda, spesso direzionati verso le preferenze turistiche dell’ospite in studio. Un particolare da non sottovalutare. E’ accaduto, ad esempio, con Malika Ayane che, dopo aver espresso la sua passione per Berlino, ha potuto seguire un filmato sulla città.
Accettabile anche la suddivisione dei segmenti del programma tutti costruiti sui tre ospiti presenti in ogni puntata. Si è tentato di inserirvi ingredienti più spettacolari da prime time come l’esibizione di Malika Ayane che ha cantato un suo medley.
Non riuscito, invece, il tentativo di trasformare Kilimangiaro summer nights in un varietà turistico: non se ne sente la necessità. Meglio un travel show in cui il viaggio viene interpretato sotto un’ottica più intimista e personale.
Da tenere a bada, infine, il presenzialismo di ospiti come Massimiliano Fuksas. L’architetto sembrava parlare al di sopra di un inarrivabile piedistallo. Con lui la Raznovich è stata troppo morbida e accomodante.