Non è stato il Festival della Restaurazione, ma della Instaurazione: Carlo Conti ha cercato di instaurare, sul palcoscenico dell’Ariston, una nuova formula che, nel rispetto dei valori a cui si ispira Rai1, non prescinde dagli aspetti di una società in continua evoluzione che è stata ampiamente rappresentata. Conti ha smorzato sul nascere ogni polemica, si è tenuto lontano dal consueto scandalismo di maniera, ha ridimensionato e sminuito, qualsiasi possibile pettegolezzo. Uno stile che ha premiato la kermesse perchè l’ha reinserita nel libro della “normalità”. Quella normalità che il Festival di Sanremo ha raramente annoverato nelle edizioni precedenti, comprese le tredici trascorse sotto l’egida del baudismo più tradizionale.
Un’ottima annata, dunque, per la kermesse canora. Nel segno della Instaurazione della nuova normalità che il conduttore e direttore artistico ha imposto in quasi tutti i settori della vita quotidiana. La “normal family” targata Conti ha il crisma della tradizione, degli antichi valori basati su matrimoni che durano anche da 65 anni, delle giovani coppie il cui amore supera anche le aree geografiche per esplodere sul palcoscenico dell’Ariston. In tale dimensione non poteva mancare l’esaltazione massima dell’amore grazie al musical sentimentale per eccellenza: Romeo e Giulietta.
La normal family non esclude neppure la malattia, rappresentata dal ventenne italiano affetto da invecchiamento precoce con il quale Conti si intrattiene, sia pur per pochi minuti, con la semplicità del buon padre di famiglia. E, nel rispetto dei buoni sentimenti, il padrone di casa porta sul palcoscenico dell’Ariston i valori dello sport, della scienza, dell’amor patrio, oltre che della musica.
Un’alchimia perfetta, o quasi. Difficilmente ripetibile. Una singolare concomitanza di positività spettacolari che ha colpito l’immaginario di una platea televisiva logorata dall’involgarimento e dalla violenza di troppi programmi.
Conti ha cercato di mostrare la parte migliore del Paese. E ha alimentato la speranza che la rappresentazione di un’Italia e di una tv migliore potesse, finalmente, diventare realtà. Motivo per cui il suo festival è irripetibile: purtroppo fra 360 giorni sarà chiaro che nulla è mutato e il miracolo non si è realizzato. E Conti potrebbe essere ridimensionato qualora accettasse una seconda gestione della kermesse canora. E’ già accaduto con Fabio Fazio e Luciana Littizzetto: osannati nella loro prima edizione festivaliera, i due conduttori sono stati penalizzati nel secondo tentativo con notevole calo degli ascolti.
Nell’ottica di un trend televisivo tornato alla sobrietà, in un’Italia che trasforma le canzonette in una speranza per il futuro, si inserisce la “favola” dei vincitori. Il trio di ragazzini lanciati da un comune talent show come Ti lascio una canzone, è cresciuto, non solo fisicamente, varcando i confini nazionali, e affermandosi come eccellenza italiana nel mondo. Il Volo, con la sua normalità incarna il sogno di un’Italia bisognosa di speranza, di ottimismo, di meritocrazia. Un’Italia che si proietta, grazie alla tenace volontà, in una dimensione dignitosa e di operosa creatività.
E poco importa se il tipo di musica dei tre ventenni non intercetta i gusti di una larga fetta di nostri giovani connazionali. Poco importa che il Volo continui ad essere oggetto di una sorta di snobismo radical chic. Rappresentano, in ogni caso, i perfetti vincitori del festival targato Conti. Sono l’incarnazione di quella normalità che, dalla provincia addormentata, è stata in grado di proiettarsi a livello internazionale. Certamente, Il Volo non avrebbe mai potuto conquistare il palcoscenico dell’Ariston sotto la gestione faziana.
Adesso Carlo Conti torni “al travaglio usato” e incastoni questa perla sanremese nel suo curriculum professionale. E soprattutto, non ceda alle lusinghe di chi vorrebbe “trascinarlo” di nuovo su quel palcoscenico.