La scalata al trash è stata la componente determinante della programmazione tv relativa anche all’intrattenimento. I contenitori mattutini e pomeridiani hanno offerto esempi poco edificanti di cui si sono resi complici conduttori e autori. Si sono preferiti gli argomenti più torbidi, si è pattugliato tutto il sottobosco televisivo alla ricerca di personaggi discutibili, di casi con litigi tra familiari, si è cavalcata l’onda lunga delle contestate eredità di notissimi personaggi tv come Alberto Sordi, Gino Bramieri, Claudio Villa. Insulti a distanza, beghe di infimo ordine hanno attraversato i palinsesti di tv pubbliche e private.
E la cronaca nera ha trionfato con un incremento esponenziale del voyeurismo macabro che ha scavato nella sofferenza e nel dolore, amplificando i toni delle discussioni cercando dettagli morbosi per colpire l’immaginario di un pubblico sempre più assetato di casi irrisolti.
Da Quarto grado a Chi l’ha visto? da Unomattina a Pomeriggio 5 e Domenica live, da Storie vere a La vita in diretta, i palinsesti televisivi sono diventati un unico contenitore di cold case. Casi insoluti, morti misteriose, assassini nell’ombra, risvolti sessuali, passioni: tutto per qualche telespettatore in più.
Nello stesso tempo abbiamo assistito al crollo dei talk show politici. E’ precipitato giù dall’altare persino Michele Santoro abbandonato anche dal suo pubblico oramai disaffezionato al genere. Risultato: per il suo Servizio pubblico solo uno striminzito 5,5% di share. Si è vista la guerra dei poveri tra Ballarò, con la nuova conduzione di Massimo Giannini, e diMartedì il programma clone generato da La7 con l’arrivo di Giovanni Floris. Virus- il contagio delle idee, Piazzapulita con Corrado Formigli, Quinta colonna, hanno tentato di offrire qualche guizzo di novità. Probabilmente ha centrato l’obiettivo solo Paolo Del Debbio: Quinta colonna ha conquistato qualche punto di share in più.
Bisogna prendere atto che il genere va ripensato in un’ottica diversa. Ma tra la melassa delle proposte un posto di merito lo ha conquistato Omnibus su La7: vi abbiamo notato la mancanza delle solite risse e un maggior rispetto per gli ospiti che intervengono nelle discussioni.
Ma c’è un ulteriore dato che connota la stagione appena conclusa: il ridimensionamento degli ascolti che ha consentito a programmi di vincere la serata anche con un modestissimo 13- 14% di share. Cifre che, solo un anno fa avrebbero decretato d’ufficio la chiusura anticipata della trasmissione.
In questo contesto abbiamo constatato che persino Carlo Conti, abituato al 24-25% per programmi come Tale e quale show, ha dovuto, a malincuore, accontentarsi di un 16% che, comunque, ha consentito alla seconda edizione di Si può fare! di avere la meglio sulla concorrenza.
Crollano i numeri dell’audience. Ma la debacle non si può spiegare solo con la maggiore importanza che hanno assunto, negli anni i canali satellitari e del digitale terrestre. Il pubblico è alla ricerca di proposte nuove, è stanco della ripetitività di programmi che si succedono in una serialità alienante che somiglia a quella delle serie tv. Basti pensare alle dieci edizioni di Ballando con le stelle, alle diciotto di C’è posta per te, alle quattordici di Amici, programmi baciati dalla fortuna perchè sono riusciti a “rimodernarsi” di anno in anno.
Nel corso della stagione tv abbiamo cercato, con fatica, di cogliere, nei vari programmi, la capacità di comunicare, di intrattenere, di divulgare, di raccontare, di divertire.
Abbiamo seguito, con particolare attenzione, i talk show riscontrando la tendenza più recente: coinvolgere nei dibattiti anche personaggi del mondo dello spettacolo.
In questo universo non certo esaltante, abbiamo individuato le poche eccellenze del piccolo schermo, soprattutto in quei programmi che hanno un forte valore sociale e morale e hanno mostrato di saper veicolare un valore positivo.
Un contributo modesto, ma certamente utile, per orientare i telespettatori nella ricerca della tanto auspicata “qualità televisiva” che non è poi quell’araba fenice di cui tutti discettano.