Da allora l’ho incontrato e intervistato decine di volte, e sempre ne ammiravo la signorilità innata del carattere e della personalità. In lui erano evidenti una discrezione elegante, un comportamento riservato, un fluire di parole di concetti, di impressioni che lentamente, catturavano l’attenzione dell’interlocutore e lo inducevano a riflettere. Non si è mai negato a nessuna intervista a nessuna forma di dialogo, raccontava la sua esperienza ultra cinquantennale nel mondo del cinema con la sobrietà e l’intensità di chi ha molto vissuto e amato la propria professione.
Passare dal grande al piccolo schermo non era un concedersi alla tv ma semplicemente la constatazione che oramai le tecniche di produzione erano le medesime per un film e una fiction di qualità. La fiction diventava cinema. Fu in quest’ottica, mi disse qualche anno dopo, che aveva girato Le cinque giornate di Milano, altre serie per Rai1 andata in onda nel 2004. Le sue serie erano sempre un punto di forza della stagione televisiva targata viale Mazzini
L’ultima intervista che mi rilasciò per Panorama risale allo scorso giugno 2012. Carlo Lizzani aveva pubblicato con la Eri il suo libro Il giro del mondo in 35 mm. Un testimone del Novecento. Lo chiamai al telefono di casa, gli chiesi un appuntamento per parlare del libro che nel frattempo avevo letto con interesse. Rimasi colpita quando mi disse che, ad eccezione dell’Australia, aveva fatto dieci volte il giro del mondo. Naturalmente sempre per girare i suoi film. Fu una lunga chiacchierata, intervallata di suoi ricordi personali sui luoghi nei quali si era recato e da osservazoni sui tantissimi personaggi del mondo dello spettacolo internazionale che aveva conosciuto.
Un amore sviscerato per il cinema sgorgava dai suoi discorsi. Una semplicità di espressioni e di modi che colpiva. E poi c’era quell’antica e nobile fierezza impressa sul suo volto, quelll’umanità che traspariva, delicata, discreta, ma sentita e vibrante in ogni gesto. Mai atteggiamenti di superiorità o di altezzosità, di quelli che caratterizzano tanti presonaggi del cinema e della tv lontani anni luce dalla sua grandezza intellettuale.
Concludo con un altro ricordo, quello di Gianni Bozzacchi amministratore della Triworld Italia che aveva collaborato come sceneggiatore e voce narrante per il suo ultimo progetto non eravamo solo ladri di biciclette docu film sul neorealismo presentato all’ultimo festival del cinema di Venezia.
– “Siamo tutti profondamente addolorati, sebbene rispettosi, del gesto che il maestro e amico Carlo Lizzani ha voluto compiere. Del tutto inatteso, anche perché proprio qualche giorno fa aveva espresso il desiderio di tornare a dirigere un film, specie dopo il successo del docufilm del quale è protagonista, Non eravamo solo ladri di biciclette, nel quale racconta il sorgere e l’affermarsi del Neo realismo, lui che ne era l’ultimo rappresentante. Un uomo lucido, con una memoria e una cultura straordinarie. Ha compiuto la stessa scelta del suo amico Mario Monicelli del quale aveva detto: “Comprendo quello che ha fatto, perché lo conoscevo”. Per la Triworld è una perdita insanabile, perché la collaborazione non si sarebbe fermata al docufilm, ma era già avviata a una seconda opera di maggior portata. Resta l’onore di avere lavorato e prodotto con lui un’opera che resterà nel tempo a testimoniare la genialità e la creatività degli artisti italiani e tra questi proprio Carlo Lizzani, al quale saremo sempre riconoscenti.”
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