A partire dai Simpson, in questi anni si è sviluppato un genere che, visto il successo di critica e pubblico, ha tracciato la via seguita da prodotti come Futurama (dello stesso autore), I Griffin e American dad. Tutti critici verso la società americana, tutti con chiari intenti satirici ma, soprattutto, rivolti ad un target maturo a cui poter parlare in maniera diretta.
Gli abitanti di Springfield e i loro eredi infatti, proprio perché rivolti ad un pubblico adulto, hanno toccato negli anni, argomenti che spaziano dalla critica alla guerra in Iraq fino alla morte, un tema affrontato in varie occasioni. Ovviamente non si tratta solo di eliminare un personaggio perché magari l’attore che lo doppiava si è stancato di quel ruolo; dietro c’è una scrittura che ha la chiara intenzione di irridere una paura dell’uomo; di sdrammatizzarla attraverso una risata.
Cominciamo dai Simpson: nell’undicesima stagione gli aficionados degli uomini gialli avevano salutato Maude Flanders, la moglie di Ned, il vicino di casa di Homer; nella 22esima invece era toccato a Fat Tony, Tony il ciccione.
Qui le motivazioni sono sicuramente anche legate a ragioni di tipo produttivo. Lo show di Matt Groening infatti, vanta un quarto di secolo di vita e la stanchezza si è vista spesso, sia per quanto riguardava le idee che gli ascolti calanti. Per catalizzare l’attenzione e creare attesa nei confronti del programma dunque, niente di meglio che la dipartita di un personaggio, magari tra quelli secondari che non caratterizzano la serie; quelli cioè la cui perdita non la snaturerebbe.
Proseguiamo con The Cleveland show, dove a morire è l’ex moglie del protagonista Cleveland Brown, personaggio secondario dei Griffin a cui è stato dedicato uno spin off di quattro stagioni.
Negli stessi Griffin la morte viene utilizzata a fini comici quando il piccoletto di casa, il geniale Stewie, tenta continuamente di uccidere la madre Lois perché convinto che questa sia l’ostacolo da rimuovere per la realizzazione del suo sogno di dominare il mondo. Nelle serie inoltre la morte compare spesso nella sua personificazione, rappresentata in maniera classica: uno scheletro incappucciato con falce. L’intento ovviamente è ancora comico, come quando arriva a casa Griffin per prelevare Peter ma scopre che l’uomo in realtà era più vivo che mai: si era finto morto solo per non pagare il conto dell’ospedale in cui era ricoverato.
In Futurama esistono addirittura delle cabine per il suicidio: hanno l’aspetto di una cabina telefonica ma, una volta dentro, le creature del futuro possono scegliere tra tre opzioni: morte lenta e straziante, maldestra o veloce e indolore. In Futurama inoltre trova spazio anche una componente emotiva slegata dal cinismo del politicamente scorretto: abbiamo così visto la storia del cane di Fry, che ha aspettato il ritorno del suo padrone fino alla morte. Oppure la tomba del nipote di Fry, chiamato così dal padre che non aveva mai dimenticato il fratello misteriosamente scomparso.
E che dire infine di South Park? Per quanto riguarda i personaggi, nella decima stagione gli autori hanno rinunciato al cuoco nero Chef perché il suo doppiatore, il cantante Isaac Hayes, non aveva gradito le critiche nei confronti di Scientology, chiesa di cui è membro.
Non finisce qui, perché facendo riferimento ad uno dei classici tòpoi della satira, gli autori di South Park esorcizzano la morte inventando continuamente delle fini assurde per uno dei bambini protagonisti, Kenny, che puntualmente ritorna vivo ogni volta.
Con la morte così fortemente presente nei cartoni per adulti, non ci stupiremmo se si profilasse all’orizzonte l’equivalente animato di Six Feet Under, che raccontava le vicende di una famiglia titolare di un’impresa di pompe funebri intrecciando il classico drama con riflessioni personali sulla morte condite di humour nero.
Una serie animata su questa falsariga potrebbe essere il punto d’arrivo della tendenza che sembrerebbe affermarsi in questi anni: la morte come personaggio vero e proprio.
Cartoons: entra in scena un altro protagonista, la morte
9 Ottobre 2013
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