Non basta: soltanto in romanzi di fanta – politica si poteva ipotizzare che un vice premier rinunciasse a partecipare ad un Consiglio dei Ministri, per registrare il proprio intervento in un talk show.
Invece la realtà è stata più forte della più sfrenata fantasia. L’apparire è diventato un must fin dai tempi dei primi contratti con il popolo italiano firmati nei salotti televisivi della politica. Ma quanto è accaduto successivamente dimostra che la tv è diventata il luogo deputato per accusare avversari politici.
Solo al riparo del talk show, con la benedizione e la benevolenza del padrone di casa, si può trovare il coraggio di un confronto a distanza con i propri antagonisti. Il 23 aprile scorso tutte le agenzie di informazione riportavano la clamorosa notizia che il Vice Premier e Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, aveva preferito arrivare nello studio del talk diMartedì per farsi intervistare da Giovanni Floris, piuttosto che essere puntuale al Consiglio dei Ministri dove è giunto successivamente con notevole ritardo.
La scena a cui gli italiani hanno assistito è stata clamorosamente surreale. Si doveva approvare il Decreto di Crescita. La riunione di governo rappresentava l’occasione per il primo faccia a faccia tra i leader di Lega e M5s dopo uno scontro verbale lungo due settimane. E invece alle 19, con il CdM rinviato di un’ora, alla riunione era presente solo Matteo Salvini con i ministri leghisti e alcuni dei 5 Stelle. Di Maio è arrivato solo quando il suo omologo vice Premier e Ministro dell’Interno era andato via.
La tv uber alles, dunque. Il piccolo schermo che condiziona persino orari e discussioni nei palazzi della politica. Non solo, basta essersi accreditati come personaggi noti nell’universo della comicità, per avere la certezza di arrivare anche a governare una nazione.
Deve aver fatto scuola l’esempio dell’Italia: un comico di lungo corso ha consolidato la propri carriera nei principali varietà, fra battute anche scomode per le quali è stato persino cacciato dalla Rai. Con questi presupposti è riuscito a formare un Movimento politico e ad esprimere la leadership dell’Italia. Beppe Grillo, dopo aver trovato la consacrazione sul piccolo schermo, ha scardinato tutte le certezze consolidate, riuscendo a passare da lustrini e paillettes dei palcoscenici televisivi, al Parlamento dove ha piazzato i suoi uomini.
Grillo ha partorito grillini anche oltre il confine nazionale. Dopo che il fenomeno pentastellato è stato studiato a livello mondiale con l’ausilio di politologi ed esperti, ecco un doppione, Volodymyr Zelensky eletto recentemente alla guida dell’Ucraina con un ampio plebiscito popolare del 73%, ha dei trascorsi ancor più legati al piccolo schermo.
A dargli i natali artistici è stata proprio la tv, o meglio la fiction. Infatti Zelensky ha interpretato un professore di liceo che, nel corso di una lezione, denuncia la corruzione imperante. La serie televisiva aveva come titolo Sluha Narodu (letteralmente, Servitore del popolo) ed era stata mandata in onda nel 2015. Sempre nella finzione scenica, gli studenti lo filmano e il video diventa virale. Al punto che, a furor di popolo, il professore viene eletto alla Presidenza della Repubblica.
Da qualche giorno la finzione si è trasformata in realtà. Infatti, sia nella serie che nella vita vera, i due Presidenti si circondano di amici e colleghi da piazzare nei posti chiave. Tutto ciò perchè il Presidente per fiction e quello vero non si fidano dei burocrati e dei politici di professione.
Presto però si arriverà ad un bivio dove la fiction e il mondo reale si dovranno dividere. Mentre nel serial si rappresenta un capo di Stato onesto capace di superare in astuzia antagonisti e detrattori, lo stesso non potrà accadere nella politica vera. Zelensky non ha come supporto un partito o un movimento politico. Dovrà inventare un escamotage per non restare solo ed essere vittima dei deputati del Parlamento che hanno il diritto di scegliere i membri del governo.