Gli ascolti, però, non sono stati gratificanti rispetto allo scorso anno. Nella parte andata in onda in prima serata, dalle 20.00 alla mezzanotte, la manifestazione ha raggiunto il 5.7% di share. Nel 2018, invece, la share era stata del 6.7%.
Tra gli altri, sono saliti sul palco Ghali, Achille Lauro, Gazzelle, Carl Brave, Daniele Silvestri, Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo. La guest star, invece, è stata Noel Gallagher con i suoi High Flying Birds.
Una line-up che, come molti hanno fatto notare, ha praticamente escluso le donne, almeno nella fascia serale. Le uniche artiste ad affacciarsi sulla scena dalle 20:00 alle 00:00 sono state tre musiciste della band di Noel Gallagher. Nel pomeriggio, la situazione è andata solo parzialmente meglio.
La piazza – poco responsiva verso chiunque non fosse uno dei propri beniamini – ha apprezzato molto le esibizioni di Carl Brave, Gazzelle e Achille Lauro. Forse un filo più tiepida del previsto l’acclamazione per Ghali, che però ha scelto una sequenza di brani non scontata, rinunciando al puro effetto karaoke.
Carl Brave ha infilato sette canzoni affidandosi ad un gruppo nutrito di musicisti e al feeling spontaneo con il pubblico. Gazzelle, dal canto suo, ha mostrato la vena malinconica e intimista con tre canzoni – poche, rispetto agli altri – senza ricerca di effetti speciali o acclamazioni. Risultato portato a casa ugualmente.
Achille Lauro si è presentato in una versione definitivamente rock, insieme ad una band vera e propria – oltre a Boss Doms, c’erano Federico Poggipollini alla chitarra, Marco “Garrincha” Castellani al basso, Sergio Carnevale alla batteria – e con un abbigliamento particolarmente sfrontato e provocatorio. Uno dei set più densi della serata.
Entusiasmo contenuto, invece, per Noel Gallagher, on stage con una sequenza tirata dritta, come al solito senza fronzoli nella ricerca di contatto con la platea. In ogni caso, sei canzoni suonate molto bene da una band di livello, con omaggio finale ai Beatles di “All you need is love”.
Bene anche Daniele Silvestri e i Subsonica. Il cantautore romano si è accompagnato con musicisti di primo piano regalando cinque pezzi tra i suoi più conosciuti, seguito dal gruppo torinese nella consueta versione live quadrata ed energica.
Si sono difesi bene i Negrita, Motta e l’Orchestraccia, nonostante fossero in chiusura di serata.
Nella scelta dei partecipanti, l’organizzazione ha proseguito lungo una strada imboccata anni fa: quella che porta ad un pubblico variegato e ancora più ampio. Tra cui, migliaia di persone attratte dalla manifestazione senza essere necessariamente disposte ad indugiare sui temi legati ai diritti dei lavoratori o all’impegno civile. Almeno, non nei modi consueti in cui è avvenuto per anni in quel consesso.
A Piazza San Giovanni, lo show musicale è stato l’elemento preponderante fin dalla prima edizione del 1990. Tuttavia, gli spettatori hanno dato l’idea nel corso degli anni di corrispondere il riconoscimento dell’impegno per i diritti come sostanza imprescindibile della festa. Un riconoscimento che prevede i suoi rituali, ugualmente condivisi.
Oggi questo patto è da rivedere, quantomeno nella forma. Sospendendo il giudizio su quanto abbia perso del suo spirito originario la manifestazione organizzata dai sindacati CGIL, CISL e UIL, è evidente che mentre la parte musicale dell’evento ha provato ad adattarsi – in modi discutibili quanto si vuole – la gestione dello show è bloccata da meccanismi incrostati.
I conduttori Ambra Angiolini e Lodo Guenzi si sono trovati a rinfocolare gli animi della Piazza con richiami in molti casi non corrisposti. Formule retoriche ed esortative non più riconosciute da quel pubblico, forse perché ancora flebilmente legate al periodo in cui l’impegno politico aveva altri connotati. Come conseguenza, sono stati costretti a sopperire con l’enfasi, a volte caduta nel vuoto, dando l’idea di piccole impasse in cui rischiavano di inciampare.
Il guaio è che ne hanno risentito anche momenti importanti come quello dedicato ad Ilaria Cucchi, che pure è stata molto applaudita. Il tributo alla sua tenace battaglia per avere giustizia sulla morte del fratello Stefano è stato gestito con un registro che tendeva a scollegarsi dagli umori della Piazza. Nella diretta televisiva questo si è trasformato proprio in piccole impasse.
Del resto, il pubblico ha dato l’impressione di essere lì per ascoltare i propri beniamini, mostrandosi poco disposto a concedersi in altri momenti della manifestazione. La tecnica era infallibile: tendeva ad ignorarli o quasi.
C’era bisogno di una chiave in grado di catalizzare l’attenzione, impresa comunque da sempre titanica, vista anche la lunghezza della giornata e la platea particolarmente varia nella composizione.
Per Ambra Angiolini e Lodo Guenzi era la seconda conduzione consecutiva e avrebbero potuto trovare strategie migliori per superare quelli che restano nodi ormai da anni gravanti sulla conduzione del concertone. I loro demeriti si fermano qui.
La prima serata, in ogni caso, è stata scandita dalle esibizioni, una dopo l’altra, degli artisti più attesi. Il che ha dato comunque ritmo alla diretta su Rai3, rendendola tutto sommato piacevole anche se avavra di spunti memorabili e relegando in secondo piano tali frizioni.