L’auto grigia si fermò sul piazzale davanti agli ingressi posteriori degli studi della Dear, dove va in onda Domenica in. In un attimo figuranti, maestranze, assistenti e collaboratori, si avvicinarono alle grandi porte a vetri per vedere chi stesse arrivando.
Quando le auto della Rai accompagnavano gli ospiti, il personaggio doveva essere di una certa importanza. Gli invitati ad una trasmissione televisiva, che venivano prelevati e riportati a casa, sono di solito personalità, illustri docenti universitari, giudici, uomini di legge, scienziati, medici.
Quel caliginoso pomeriggio invernale, l’autista scese dall’auto e si precipitò ad aprire la portiera posteriore. Tutti riconobbero immediatamente l’altera ma sorridente signora che, appoggiandosi leggermente alla mano che le veniva offerta, scese dalla macchina, si sistemò in vita la pelliccia di persiano nera, così cara alla buona borghesia della sua generazione, e si guardò intorno per capire quale direzione prendere.
Mi feci largo tra le persone che si assiepavano intorno alle porte e bisbigliavano: “È Rita Levi Montalcini!” “Che bella signora!” “Che capelli candidi, sembrano finti!” “Me l’immaginavo più alta!” “Ma è lei che ha vinto il Nobel?” Impeccabile nel mio tailleur grigio e le scarpe col tacco, con in mano la cartellina della vera professionista delle pubbliche relazioni da cui sbucavano fogli sgualciti e scarabocchiati del vero creativo televisivo, con passo sicuro e un sorriso smagliante di circostanza, mi precipitai verso di lei.
“Benvenuta nei nostri studi, Professoressa, e grazie per aver accettato il nostro invito. La sua intervista avrà luogo tra circa 20 minuti. Nel frattempo la faccio accomodare nel salotto qui a fianco dove potrà stare tranquilla e nessuno la disturberà.”
Ci lasciammo alle spalle la ressa e la confusione quasi assordante degli ampi corridoi dove stazionavano, negli interminabili tempi morti tutti quelli che lavoravano a vario titolo negli studi, ed entrammo nel piccolo salottino che fungeva da sala d’attesa per ospiti illustri, ma non abbastanza per avere un camerino tutto per sé. Quello era un lusso per le star del cinema, della televisione, della musica…
Quel vano senza pretese e male illuminato con grandi e scomodi divani, riusciva tuttavia a costituire un’oasi di pace dove si potevano fare due chiacchiere.
Aiutai la signora a togliersi il soprabito. Ciò che mi colpì più profondamente fu il suo porgersi così umile e contemporaneamente così sofisticato; eleganza e semplicità fuse insieme, retaggio di tempi andati, nonostante una forte presenza di spirito e una percepibile fiducia nel futuro.
Le feci compagnia; forse avrebbe preferito rimanere da sola, ma non volevo perdermi l’occasione di trascorrere qualche decina di minuti con un Premio Nobel. Mi colpì molto la serenità interiore che il suo sguardo ceruleo riuscì a trasmettermi. Spesso negli anni seguenti, ogni volta che mi capitava di vederla in Tv o sui giornali, mi domandavo come quella calma serafica, che pareva infondere in chi la guardava negli occhi, si combinasse con il suo indomito carattere.
Ricordo il suo filo di perle, i capelli bianchi, le rughe. Forse si accorse che le guardavo e fu allora che mi mise in guardia sui danni di un’eccessiva esposizione al sole, di cui lei pagava le conseguenze. “Ho sempre adorato prendere il sole; mi è sempre piaciuto sentirlo su di me. E guardi come ha ridotto la mia pelle! Incartapecorita! Non faccia il mio stesso errore! Anche se – continuò facendosi più vicina, come se qualcuno ci potesse sentire – non me ne importa niente; sono vecchia ormai! Fortunatamente il mio cervello continua a funzionare”.
Aveva circa 80 anni allora. Sarebbe vissuta ancora a lungo, continuando a lavorare e a sostenere il lavoro di tanti giovani ricercatori, anche, se necessario, con la protesta civile.
Aveva un gran cervello la professoressa Levi Montalcini, ma anche un gran cuore.
RicordeRai: quando la Montalcini fu ospite a Domenica in
1 Febbraio 2013
3 Minuti di lettura
0
Commenti