Segue Francesco Di Bella che canta Sugar Man, La costanza in dialetto napoletano come anche Canto pè nun soffri’, senza però accendere grandi entusiasmi.
Ricordate i Velvet, il gruppo che qualche anno fa spopolò con Boyband? Da diverso tempo si sono allontanati dalla scena pop per esplorare altri territori. Sul palco di Roma portano Scrivimi quello che fai feat. Fabrizio Bosso e la rockeggiante e sensuale Funzioni primarie.
Arriva poi il turno di uno strano connubio: i TaranProject, il più famoso gruppo di musica popolare calabrese, e Daniele Ronda, cantautore folk piacentino, che, dopo una loro tarantella, li raggiunge per eseguire La rivoluzione, singolo che dà il titolo anche al suo ultimo disco, e Stilla chiara.
Breve spazio a Tommaso Piotta e al rap di Goccia dopo goccia e La grande onda.
Finalmente la prima artista pop: è Levante che con la sua chitarra acustica intona la hit della scorsa estate Alfonso. Subito dopo si scatena sulla concitata Memo per poi chiudere con Duri come me, un inno a perseverare e resistere nonostante le difficoltà.
I palermitani Agricantus cantano Nsunnai, performance piuttosto stonata, e Turnari. Pochi gli applausi che riescono a strappare alla folla.
Gli Statuto offrono al pubblico alcuni loro brani: In fabbrica, Un giorno di festa e Ragazzo ultrà. Musicalmente si fa fatica a capire che si tratta di canzoni diverse.
I Kachupa affrontano il tema del razzismo con Siamo tutti africani, per poi passare a Chaje Shukarije.
La P-Funking Band scuote la manifestazione con una versione riarrangiata di Albachiara di Vasco Rossi.
Dopo l’esperienza di Sanremo ritroviamo Riccardo Sinigallia con Prima di andare via, il pezzo escluso durante il Festival, Per tutti e Le ragioni personali. Il suo set è uno dei migliori del pomeriggio.
La band dei Musica Manovella porta un po’ di ritmo con Lo scorpione ubriaco e L’amore è cieco o ci vede poco. Con loro si chiude la prima parte del Concerto, che fino ad ora ha riservato ben pochi momenti entusiasmanti.