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Dal direttore di RaiUno Giancarlo Leone al direttore della Fiction Eleonora Andreatta, dal produttore Carlo degli Esposti e dal regista Alberto Sironi fino allo stesso Luca Zingaretti, alla domanda di quale fosse la specificità dei quattro nuovi episodi che andranno in onda, è stato risposto che essi riflettono il clima di difficoltà che attraversa il nostro paese e non solo. Ciò si riflette anche sulla trama. Tutte le puntate si concluderanno con la soluzione del caso che viene presentato. Per cui Montalbano potrebbe uscirne anche soddisfatto. Ma così non è. In tutte ci sarà un inconveniente, un imprevisto, un dolore finale che non renderà pieno il successo del commissario e di chi gli è vicino. E’ come dire che l’amarezza dei tempi che stiamo attraversando non consente mai di essere “felici” da soli: resta sempre qualcosa di incompiuto, di imperfetto, di negativo che non possiamo cancellare.
E’ stato anche chiesto qual è il segreto del successo di pubblico di Montalbano. Ricordiamo che, come ha ricordato Eleonora Andreatta, la serie va avanti dal 1998 e le ultime 4 puntate, «hanno avuto una media di 9 milioni 300 mila spettatori, più del 32% di share, mentre le 22 puntate realizzate finora sono state ritrasmesse per un totale di 103 serate, con un ascolto medio del 24% di share». Interessante è anche notare che, pur essendo un personaggio popolare, Montalbano riscuote un 44% di share presso il pubblico più colto, quello dei laureati. La serie è stata venduta in oltre in 65 Paesi, tra cui Giappone, Usa, Australia e Inghilterra, trasmessa dalla prestigiosa Bbc.
{module Google richiamo interno} A questo punto è venuta la domanda su quale immagine del nostro Paese porti Montalbano all’estero. La risposta di Zingaretti è stata che «nonostante tutto all’estero l’Italia è ancora percepita come sinonimo di bellezza, cultura, ingegno, e Montalbano è un personaggio seducente a qualsiasi latitudine». In merito alle repliche , Zingaretti confessa: «All’inizio ho avuto i miei malumori, e pensavo che le repliche lo avrebbero usurato, ma Montalbano ha dei risultati inspiegabili perché le repliche hanno avuto talvolta più ascolto della prima messa in onda». In ogni caso si è cercato di non andare oltre le due o massimo quattro nuove puntate ogni due anni, non solo per non usurare il personaggio, ma anche per aspettare che Andrea Camilleri scrivesse nuovi episodi.
Giacché questo è uno dei motivi di fascino di Montalbano: quello di apparire sempre uguale a se stesso, ma in realtà seguire impercettibilmente l’evoluzione sociale che il trascorrere del tempo porta inevitabilmente con sé.
E qui viene il punto che ci permette di rispondere in profondità alla domanda iniziale: perché Montalbano non è solo una fiction? La risposta sta nel fatto che egli è l’opposto dell’italiano medio. Accetta di vivere in un posto splendido, suggestivo, nello stesso tempo rigoglioso e astratto come il paesaggio siciliano. Accetta anche di rimanere dimesso, di non puntare alla carriera, tanto da consegnare spesso i suoi meriti a colleghi non certo abili come lui.
Non sfrutta le sue qualità, pur fortemente attrattive, con le donne che lo ammirano. Lavora e riflette con tempi lunghi, rallentati, l’opposto di quelli dei manager d’assalto e anche di tutti noi che non sappiamo sottrarci ai ritmi della vita quotidiana. Si appaga di un contesto di lavoro, il commissariato di Vigata, un po’ scalcinato nelle sue strutture, nei suoi mezzi e anche nei suoi uomini, che pur gli sono affezionati amici. Insomma – osserva Zingaretti – nelle categorie contemporanee Montalbano si definirebbe “uno sfigato”. Eppure il mondo che si muove intorno a lui lo stima, gli vuol bene. E soprattutto il pubblico televisivo gli tributa un consenso eccezionale, anche a livello internazionale.
La domanda si trasforma quindi nella seguente: come può il pubblico, specie italiano, amare un personaggio tanto lontano da sé? Forse proprio perché è quasi il suo opposto, cioè la persona che vorremmo essere e non ci riusciamo. Montalbano è il nostro io segreto, cui puntiamo anche se non ce ne accorgiamo: un io coerente ma nient’affatto bacchettone, un io intelligente e tenace, pur con i suoi dubbi, i suoi errori e le sue debolezze, un io appassionato alla vita e alla sua bellezza ma non rapinatore dei opportunità che incontra.
E allora tutto questo ben si combina con il desiderio che coltiviamo di uscire da questa crisi trovando un nostro io meno rapace, più disponibile e generoso, capace di contribuire a uno sviluppo che crei un mondo migliore, relazioni più umane. Ciò spiega anche perché alla domanda di come esce Zingaretti dall’esperienza di produzione dei nuovi episodi egli abbia risposto: “con un grande senso di dolcezza”.
Ma non ci si è fermati qui, perché Max Gusberti, responsabile storico per conto della Rai fin dalle prime serie della fiction, ha rivelato un segreto che però non ci sorprende affatto: il profilo sopra tracciato, prima che di Montalbano, è stato, per tutto il tempo in cui è stato in Rai, quello del suo autore, Andrea Camilleri. E non è un caso che Camilleri stesso introdurrà ogni episodio con una breve riflessione.