No, la trovata di Elio – questo Fregoli dello spettacolo che svaria dalla musica rock alla classica, che suona la chitarra ma si diplomò in flauto traverso al Conservatorio di Milano, che ha fondato la band Elio e le Storie Tese ma poi fa pure doppiaggio – la trovata di Elio, dicevamo, è che affiancherà Simona Ventura, Mika e Morgan con una faccia nuova. Ovvero, senza baffi. Via dunque la cortina nera sulle labbra, divertente pendant con le sopracciglia da Mangiafuoco che sono il tratto più distintivo del suo viso. Via quella sorta di camuffamento fisico mentre spesso Elio si camuffa cambiando il nome, come quando al MAXXI ritirò il premio della XV Quadriennale spacciandosi per Maurizio Cattelan.
Niente baffi dunque, “una sorta di schermo tra me e il pubblico”, ha ammesso il cantante-mattatore mentre rivelava la partecipazione a X Factor. Ora, pur inchinandomi alla “ristrutturazione” del personaggio Elio, non posso esimermi dall’inoltrargli una prece. Se li tenga, i famosi baffi. Perché? Perché mi ricordano, e ricorderanno a tanti dotti docenti della Sapienza, e a tanti giovani studenti dell’ateneo romano, il delizioso spettacolo che lo ha visto protagonista il 14 maggio scorso, nella serata forse più piena di pubblico della stagione, pur sempre mirabile, della Istituzione Universitaria dei Concerti. Si intitolava, lo spettacolo, Figaro il Barbiere e vedeva il cantante milanese nel ruolo principale del melodramma di Gioacchino Rossini rielaborato da Roberto Fabbriciani, virtuoso del flauto con l’estro per la scrittura, se è vero che ha ripercorso passo passo la storia del Barbiere di Siviglia, condensandola e attualizzandola ad uso di quanti melomani di stretta osservanza non sono.
Dunque, come si presentava Elio-Figaro in scena? Come nella foto. (Credits Fabrizio Caperchi). Con sopracciglione, baffoni, il camice lungo fin sopra il ginocchio, con tanto di taschino fondo per infilarci le forbici e il pettine, e un paio di occhiali con montatura rettangolare, alla Tito Stagno anni Sessanta, nerissima pure quella. Conversava e sforbiciava, Elio-Figaro, nella sua bottega, prendendo in mano la chioma di due clienti seduti davanti allo specchio: il flautista Battistelli, appunto, nei panni di un danaroso incline a distribuire mance a ogni aggiustatina della basetta, e il pianista Massimiliano Damerini, invece cliente squattrinato, e dunque sopportato dal venale Figaro. Il quale ben si impegnava a fare la voce grossa del baritono sulle celeberrime note di “Sono il factotum della città” oppure di “La calunnia è un venticello”, accompagnato proprio dai due musicisti-attori. Ma soprattutto strizzava l’occhio al pubblico con gag irresistibili. Quella seguita a ogni applauso a scena aperta, per esempio. Nella quale Elio paragonava lo scroscio dei battimani a quelli dello sciacquone di ipotetici inquilini del piano di sopra. E più erano convinti gli applausi, più lui immaginava che chi “tirava la catena” fosse colpito da inarrestabile diarrea.
E’ finita in apoteosi nell’Aula Magna alla Sapienza. Al pubblico è rimasta la voglia di non perderlo di vista, Elio-Figaro. Perciò, a rivederlo sul piccolo schermo dopo l’estate, così, senza i baffi portati via da sapiente rasoio, parecchi penseranno in cuor proprio: meglio se Elio fosse rimasto in barberia solo per tagliarsi i capelli. Ma i baffi no.