Il lavoro di Santamaria riesce, fin dai primissimi fotogrammi, a introdurre lo spettatore nelle atmosfere del genere noir e della graphic novel omonima da cui è tratto, ideata dal fumettista svizzero Thomas Ott. Quest’ultimo aveva dichiarato: “il mio lavoro esorcizza le mie paure. Non vorrei essere un moralista, ma spesso finisco per esserlo. Nelle mie storie si capisce che, se ci si comporta come il protagonista, si finisce male” e The Millionairs comunica effettivamente il disincanto verso la natura umana.
“Nel corso di una lunga notte, le strade di un bosco di montagna diventano teatro per una serie di efferati omicidi a opera di diversi personaggi” (dalla sinossi). Il fulcro è costituito da una valigetta, elemento forte nell’immaginario del film di genere e della nostra storia. Tutti noi pensando a quel termine “valigetta” l’associamo al denaro, motore della cosiddetta società capitalistica e che può spingere l’uomo verso la scelta del “sono disposto a tutto”. Stando alla larga da semplicistici moralismi, Ott prima e Santamaria dopo mettono in scena tutta l‘istintività (dis)umana nella lotta alla sopravvivenza. Nel corso della notte si dà il via ad una catena di morti, il tutto in una struttura ciclica: si parte da un incidente per finirne con un altro (non vogliamo spoilerarvi oltre).
La qualità del corto si percepisce dalla cura di ogni dettaglio, dal tappeto sonoro di Michele Braga (non si è voluta creare la classica colonna musicale) alla fotografia dai toni verdastri e cupi (firmata da Vittorio Omodei Zurini) che questo sottobosco di umanità prevede. Vi è un’eco di lynchiana memoria (anche la donna interpretata da Sabrina Impacciatore ricorda, in parte, la Rita/Camilla Rodes di Mulholland Drive) nelle atmosfere ricreate.
Sembra che la macchina da presa spii più da lontano i nostri personaggi e che la valigetta sia più “degna” di un primo piano. Santamaria dimostra di essersi appropriato del plot originale, di avere un gusto pure tecnico nei confronti del noir e, da attore qual è, di saper ben dirigere artisti (figura anche Peppe Servillo) che devono puntare totalmente sulla propria espressività (non sono previsti dialoghi).
Il regista ha scelto rispetto alla tecnica di Ott (il quale traccia il disegno sul nero – almeno in questa fase) di conferire colore ai luoghi e agli uomini, puntando sulle potenzialità della Settima Arte e mettendolo in condizione di usare il Cinema in maniera pura. “Cercavo da diversi anni una storia che non fosse un rimando a un possibile lungometraggio”, ha dichiarato Santamaria e con The Millionairs ha centrato l’obiettivo, restituendo a pieno “l’umanità bloccata in un circolo vizioso”.