Salvo sorprese dell’ultimo minuto – che difficilmente stravolgeranno la situazione – i cantanti ospiti di questa edizione saranno quasi tutti italiani e affini al mondo artistico di Claudio Baglioni. Laura Pausini, Gianni Morandi, Gianna Nannini, Biagio Antonacci, Giorgia, il trio Nek-Pezzali-Renga, i Negramaro. Grandi nomi del pop e del pop-rock, seguiti soprattutto dal tradizionale pubblico sanremese. Artisti di spessore dall’indubbia presa sugli spettatori, ma provenienti da un mondo musicale circoscritto.
La loro caratteristica comune è quella di comporre canzoni “classiche” sia nella forma che nei contenuti. Qualche eccezione riguarda i Negramaro e Gianna Nannini, che si “sporcano” con il rock e un pizzico di elettronica. Al cospetto di questi nomi, gli ospiti stranieri Sting e James Taylor sembreranno degli eclettici sperimentatori musicali provenienti da un altro mondo.
Per quanto riguarda i concorrenti, la situazione è in parte differente. Ci sono nomi storici della canzone italiana e proposte più “fresche” come Annalisa, The Kolors, Lo Stato Sociale, Diodato e Roy Paci, Nina Zilli, Ermal Meta e Fabrizio Moro. Di questo gruppo fanno parte anche Elio e le Storie Tese, Peppe Servillo con Enzo Avitabile,i Decibel e Max Gazzè, con carriere pluridecennali ma non propriamente convenzionali. Mario Biondi viene addirittura dal soul e dal jazz. Nulla di dirompente, ma il quadro, oltre ad essere di livello, è anche più vario.
Mancheranno, invece, i rapper, i cantanti di quello che era l’indie, una parte del nuovo cantautorato, molti protagonisti dei talent. Non è una novità: soprattutto nel caso del rap e dell’indie, stiamo parlando di mondi da sempre estranei – e ostili – a Sanremo. La novità è che questi mondi oggi rappresentano buona parte degli ascolti dei giovani e giovanissimi (ma non solo). Quanto potrà continuare a farne a meno Sanremo?
I rapper sono tra i protagonisti contemporanei con milioni di ascolti su tutte le piattaforme e un ruolo consolidato di influencer. I figli del vecchio indie italiano (leggi, tra gli altri, The Giornalisti, Calcutta e così via…), un tempo di nicchia, vengono da continui sold-out e popolano le playlist dei ragazzi. Tanti nomi che avrebbero potuto dare slancio a Sanremo 2018 e ampliare la platea. Solo J-Ax e Fedez hanno sfiorato a lungo la possibilità di essere ospitati, ma finora non se ne è fatto nulla.
È molto probabile che pochi di loro (soprattutto tra i rapper) avrebbero accettato di partecipare o che le loro proposte siano arrivate ma non fossero all’altezza. Altrettanto evidente è che Sanremo sia il luogo della tradizione per eccellenza e che gran parte del suo pubblico non sia costituito da giovanissimi.
Ma Claudio Baglioni ha fatto una scelta chiara fin dall’inizio: puntare sulle peculiarità della canzone italiana classica. Una scommessa difesa già dalle critiche della primissima ora portate da Maria De Filippi, che aveva disapprovato il Direttore Artistico per la scarsa rappresentanza dei talent al Festival. Anche gli ospiti non musicali (Fiorello, Gabriele Muccino, Pippo Baudo, Luca Zingaretti, Carlo Conti, Fabio Fazio, Antonella Clerici) sono volti molto popolari e familiari al pubblico sanremese.
Per capire se la formula di quest’anno potrà reggere il confronto con le edizioni da record di Carlo Conti, bisognerà aspettare ancora qualche giorno. Il presentatore toscano, pur giocando sul terreno della tradizione, aveva voluto aprirsi quantomeno al mondo dei talent per ampliare la platea.
Baglioni ha puntato tutto sull’impronta popolar-nazionale, sulla qualità delle canzoni e sullo spessore degli ospiti italiani. Considerando il loro valore e il target di pubblico del Festival, è probabile che vincerà la scommessa.
D’altronde, il ruolo di un Direttore Artistico consiste nel dare l’impronta che ritiene opportuna. Una domanda, però, rimane al momento senza risposta: quando il Festival di Sanremo si aprirà definitivamente anche al suo futuro?