Per celebrare l’importante compleanno della kermesse, Rai1 affidò a Renzo Arbore e ad un gruppo di celebri e bravi personaggi, il compito di creare intorno all’evento sanremese un vero e proprio “finto” processo. Arbore, nel ruolo della Corte, Michele Mirabella e Lino Banfi in quelli dei due avvocati che dovevano presentare delle arringhe sui fatti e misfatti avvenuti durante i quarant’anni della kermesse. Tutt’intorno una vera e propria corte da tribunale, fatta di personaggi, mai secondari, che intervenivano di volta in volta con battute e gag. Il programma ebbe un incredibile gradimento di pubblico: era basato su una improvvisazione di base e sulla sintonia esistente tra quei grandi protagonisti dello spettacolo. Il pubblico capiva che lo show rappresentava un vero e proprio omaggio alla kermesse canora ed era solo il pretesto per raccontare in maniera goliardica e accattivante quarant’anni di storia del costume italiano. Ma il taglio con cui il racconto umoristico era realizzato, appare attuale ancora oggi, dopo 23 anni.
Durante lo show Arbore e i suoi hanno reinterpretato molti brani sanremesi e altri ne hanno cantato. Uno per tutti “Grazie dei fiori bis” che rievocava il notissimo motivo di Nilla Pizzi Grazie dei fiori. Dunque un mix di musica e comicità di altissimo livello. Una comicità “sempreverde” che non si usura con il trascorrere del tempo e resta sempre attuale. Lo stesso Renzo Arbore ha espressamente detto che tutti i protagonisti de “Il caso Sanremo” avevano a disposizione soltanto un canovaccio di massima sul quale agiva l’inventiva personale di ognuno, lo spirito di osservazione, la capacità di avere sempre la battuta pronta. Insomma siamo in presenza di una comicità che si costruiva battuta dopo battuta. Lino Banfi, nella parte dell’avvocato Passalacqua inventava storielle di miseria infantile per commuovere la corte rappresentata da Renzo Arbore e spingerla a prendere pisiozioni a favore delle sue tesi.
Ora gettare alle ortiche uno dei prodotti più prestigiosi della storia della televisione italiana relegandolo in un orario assurdo, le 14 di un giorno d’agosto, davvero significa non avere alcuna sensibilità verso il gloriso passato del piccolo schermo. Dato che l’estate Rai è oramai una continua riproposizione di repliche troppo spesso banali e inutili, ci si chiede per quale motivo non è stata concessa almeno la prima serata a “Il caso Sanremo”.