Troppo moderna la signora Zingaretti, per essere credibile nel ruolo di una contadina del 1921. Pelle troppo levigata laddove dovevano esserci almeno alcune rughe per la continua esposizione al sole di una donna che lavora nei campi. Questa figura femminile era inserita in un contesto da melodramma con personaggi troppo caricati nella recitazione e nei costumi. Sembrava che, unico simbolo della Sicilia, terra d’origine dei protagonisti, fosse il possesso di un classico copricapo, la “coppola” messa in testa o tenuta tra le mani, da tutti i maschi.
La vicenda, iniziata nel 1921, racconta la storia di Carmela Carrizzo, una donna bella e appariscente, vittima delle attenzioni ossessive di un uomo influente e senza scrupoli che le uccide il marito e picchia a tal punto uno dei quattro figli, da ridurlo in stato di perenne menomazione mentale. Per sfuggire allo stalking dell’epoca, Carmela fugge in America dove inizia una nuova vita con il cognome cambiato in Rizzo.
Nel ruolo del signorotto aguzzino abbiamo visto Francesco Arca che, dopo aver recitato nella serie flop di Canale 5 Sacrificio d’amore, è arrivato su Rai 1 in un ruolo assolutamente inadatto a lui. Fortunatamente non sono previsti interventi continuativi nelle quattro puntate previste, ma è bastato l’esordio per capire come la serie meritava molto di più di quanto ha fatto Rai Fiction.
La terra promessa è stata ideata dalla sceneggiatrice Laura Toscano, scomparsa nel 2009 che certamente avrebbe scelto altri interpreti soprattutto femminili. Si salvano Lina Sastri nel ruolo dell’affittuaria napoletana e Giacomo Rizzo che è Don Ignazio prete partenopeo: una differente e più convincente espressività recitativa li pone su un livello superiore rispetto agli altri.
La recitazione, infatti è un tallone d’Achille per la serie. E non è il solo: il dialetto siciliano era troppo stretto, calcato, a tratti quasi incomprensibile, i costumi sembravano rimandare agli abitanti di Puente Viejo città immaginaria de Il Segreto, la ricostruzione ambientale è apparsa poco credibile perchè troppo approssimata, a metà strada tra una soap opera e un feuilleton.
Non a caso Francesco Arca proviene proprio da una soap opera. E non ha dato alcun contributo all’intensità drammatica della storia perchè immobilizzato in uno stile telenovelistico affettato e artificioso dal quale è difficile distaccarsi.
Tutto appariva esageratamente caricato e, soprattutto, si avvertiva l’artigianalità sommaria con cui sono state ricostruite molte scene esterne. Non si può rendere un’epoca insistendo soltanto su alcuni particolari come l’abbigliamento.
C’era bisogno di un cast differente e di una migliore revisione della sceneggiatura. E forse anche di una regia più snella e credibile.
Concordo perfettamente. Una sceneggiatura malfatta in coppia ad una regia debole.
Per me uno spettacolino fatto bene se fosse stato fatto da principianti o da amatori ! La Ranieri per niente credibile ,sempre, da contadina a signorotta ! .Scenografia rattoppata ,costumi spesso non coerenti all’epoca . La storia una specie di fotoromanzi (Grande Hotel ,Bolero ,ecc.) che hanno accompagnato la mia gioventù a casa paterna e che facevano piangere la mia cara Antonietta tuttofare di casa .
Se la Ranieri non fosse stata la moglie di Montalbano fratello del noto politico ,mai avrebbe ottenuto quella parte perché a mio avviso non era ASSOLUTAMENTE adatta a lei ,ecco perché non é stata mai CREDIBILE !
Forse, invece di fiction avrebbero dovuto chiamarla finzione. Avrebbe fatto capire meglio il lavoro di sceneggiatori, costumisti, truccatori, attori e regista.Non parliamo poi della produzione. Era tutto così poco credibile…