Questo discutibile trend della fiction italiana, soprattutto targata viale Mazzini, si è ripetuto anche per il tv movie Io ci sono, andato in onda martedì 23 novembre su Rai 1 in prime time. Cristiana Capotondi ha interpretato Lucia Annibali, giovane avvocato che, nel 2013, fu deturpata dall’acido da due uomini su mandato dell’ex fidanzato. Una storia con finalità sicuramente pregevole: veicolare un messaggio contro l’infinito dramma del femminicidio, inculcare nel pubblico soprattutto maschile, il rispetto per la propria partner e spronare le donne maltrattate a parlare sempre con le persone che godono della loro fiducia.
In nome di questa finalità ci si aspettava, però, un prodotto migliore da parte di Rai Fiction. Innanzitutto la ricostruzione dei fatti accaduti alla Annibali, pur ispirati al libro omonimo da lei scritto, è apparsa notevolmente superficiale, spesso persino frettolosa. Contenere in circa due ore una vicenda lunga, faticosa e intrisa di sofferenza, era certo un’impresa non semplice, tuttavia fattibile. Bastava costruire una vicenda lineare che avesse un inizio e una conclusione. Non bisognavaperdersi in contorcimenti della sceneggiatura che hanno frantumato la linearità della storia. Sembra davvero impossibile che una fiction italiana debba necessariamente ricorrere al passato per spiegare il presente.
In questo contesto il tv movie è apparso suddiviso schematicamente in due parti: la prima con molti esterni, per documentare l’inizio della storia d’amore tra la Annibali e Luca Varani il compagno attualmente in carcere, condannato a venti anni per essere stato riconosciuto colpevole dell’agguato con l’acido alla ex fidanzata. La seconda nel chiuso di una camera d’ospedale di un centro ustionati dove la Annibali è stata sottoposta a 18 interventi chirurgici per restituirle un volto. Una dicotomia ambientale che stabiliva anche la netta delimitazione tra la protagonista ancora con il suo volto prima della tragedia e la “nuova Annibali” risorta dalle ceneri di una tragedia che le ha bruciato la pelle.
Intento, ripetiamo lodevole che non ha sortito un risultato accettabile. Cristiana Capotondi si è sforzata di rendere vivi e palpabili la sofferenza e il dolore. Dobbiamo dare atto che, in questa fase, il film tv è riuscito a non cadere nella trappola della retorica del dolore. Ma di più, davvero, l’attrice non poteva fare. Migliore è stata l’interpretazione di Alessandro Averone nel difficile ruolo di Luca Varani: ne ha reso tutta la disturbata personalità con realismo. E se qualche eccesso c’è stato, faceva parte del carattere dell’uomo. Tutt’intorno personaggi secondari hanno accompagnato la narrazione quasi come testimonianze di persone a conoscenza dei fatti.
Ricordiamo che lo scorso febbraio Franca Leosini all’interno di Storie maledette, dedicò una puntata a Luca Varani. Sorsero polemiche ma ne uscì il ritratto di un uomo forse mai pentito di quanto aveva commesso.