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Rai 1 ha trasmesso la prima puntata della serie tv Come una madre di cui vi proponiamo la recensione. Vanessa Incontrada, la protagonista, si cala nell’ennesimo ruolo di madre coraggio, una figura oramai standardizzata e resa continuativa dal ripetersi delle sue interpretazioni.
Come una madre recensione della serie di Rai 1
La fiction vuole porsi come una road series in cui il peregrinare sulla strada coincide con una sorta di doloroso viaggio nella sofferenza dell’animo umano. Una sofferenza che, alla fine, si purifica, quasi, nella riscoperta di una maternità alternativa. La protagonista, infatti, ha perso il figlio Matteo di otto anni, in un incidente. Ma si ritroverà madre di due figli, per così dire acquisiti a causa delle singolari circostanze nelle quali viene coinvolta.
La Incontrada è uno dei volti femminili sui quali punta da tempo, la serialità di viale Mazzini. Ma sembra, oramai, cristallizzata in personaggi che non riescono a discostarsi da uno schema diligentemente scolastico e quasi didattico nel suo percorso.
In Come una madre ha un ruolo fondamentale, più che altrove, la sceneggiatura. Essendo la serie girata quasi tutta in esterni, il susseguirsi degli eventi deve comunicare ansia e suspense. Elementi che vengono abbondantemente dispensati. Ma non hanno il crisma della credibilità e del coinvolgimento totale. C’è un quid che non consente al telespettatore di partecipare appieno alla avventura di Angela, il personaggio della Incontrada nel suo tentativo di portare in salvo i due bambini che le sono stati, per caso, affidati.
Qualcosa stride, inciampa in sentimenti retorici e vicende costruite che, troppo spesso appartengono ad un romanzo immaginario più che ad una storia vera. Ci sono molte ingenuità nel susseguirsi degli eventi. Sono attribuibili alla sceneggiatura che forza la mano per rendere credibili situazioni inaccettabili.
Come una madre recensione analisi dei personaggi
La serie è un panegirico di Angela, la madre coraggio che, alla fine delle tre puntate, riesce a ritrovare la sua dimensione materna. La protagonista è collocata su una sorta di altarino televisivo sul quale svetta e primeggia su tutti gli altri co – protagonisti. Lei è il bene, contraltare del male diffuso in molti altri personaggi. A cominciare da Massimo Sforza (Sebastiano Somma) maggiore dell’intelligence del passato, che si occupa del caso di Angela e dei bambini, ma ha perso il senso del bene e del male. E naviga in un mare di sentimenti contrastanti che dovrebbero rendere il personaggio in bilico e non perfettamente definito. Sebastiano Somma riesce credibile.
La partecipazione, nel ruolo di una senzatetto di Katia Ricciarelli, dovrebbe aggiungere un tocco di originalità e di ulteriore mistero alla storia. Fragile e non del tutto approfondito anche il ruolo dell’ex marito di Angela al quale Simone Montedoro si sforza di attribuire credibilità.
Quel che manca alla serie è il sentimento di coralità recitativa necessario per collocare la storia raccontata in un insieme organico. Invece, tutto è incentrato su Vanessa Incontrada. Il resto è contorno.
Fortunatamente ci sono gli esterni da Nord a Sud dell’Italia, che salvano, in parte, la storia.
Il ruolo dei due bambini
Un discorso a parte meritano i due bambini Valentina e Bruno, interpretati rispettivamente da Crystal Deglaudi e Tancredi Testa. I piccoli attori hanno reso al meglio la loro condizione di fuggiaschi e di inseguiti da una banda di criminali per ragione che a loro sfuggono. E sfuggono anche al telespettatore che si trova dinanzi ad una storia ansiogena i cui contorni non sono perfettamente delineati. Ambiguo ma dai contorni più netti, la figura di Kim (Giuseppe Zeno).
Fiction inverosimile e pessima recitazione da parte di tutto il cast