La fiction, di cui abbiamo visto la prima parte, ieri sera, in prime time su Rai1, ha voluto ricostruire un periodo drammatico della storia italiana che parte dal 1969 con la strage di piazza Fontana. Ma il regista e gli sceneggiatori sono caduti nella prevedibile trappola dell’estrema semplificazione dei fatti raccontati, ad uso e consumo di un pubblico abituato alla schematizzazione degli eventi e dei personaggi. Emilio Solfrizzi non convince, in molti tratti addirittura evidenzia una superficialità cercata, forse, per rendere accessibile il prodotto alla platea televisiva della prima serata.
Non vogliamo entrare nell’analisi politica e storica dei fatti narrati: ognuno ha una sua opinione a proposito. Ma la semplificazione di ogni passaggio della cronaca di quegli anni non è di aiuto alle giovani generazioni televisive per capire quanto accadde e per formarsi un’opinione personale. Se l’obiettivo era solo questo: contribuire a formare una memoria storica nei giovani, potevano servire allo scopo gli innumerevoli documenti e filmati dell’epoca presenti nelle Teche Rai. Filmati che pure sono stati inseriti, a tratti, nel corso della puntata. Ma il bianco e nero del passato strideva con il colore di oggi: formavano quasi due universi paralleli destinati, purtroppo, a non incontrarsi mai. Troppo il divario tra la realtà e la finzione che pretendeva di rappresentare quella realtà.
Luisa Ranieri, nel ruolo di Gemma Capra, la moglie di Luigi Calabresi, appare come una presenza lontana e distaccata dalla vera drammaturgia della storia. L’attrice non è a sua volta riuscita a penetrare nell’animo della vera Gemma, nonostante tutti i libri e i documenti che dice di aver letto e studiato su di lei. Si avvertiva uina freddezza nella recitazione, una staticità nei movimenti che non si conciliano con la visione di una moglie preoccupata per le sorti del proprio marito.
Inoltre: si è cercato di dare una dignità agli esterni, si è tentato di restituire l’immagine della Milano del 1969. Ma ad eccezione di qualche auto dell’epoca che sembrava girare da un lato all’altro delle strade interessate alle riprese, la città era completamente assente. Anche la ricostruzione dell’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, dopo lo scoppio della bomba che provocò 17 morti, è apparsa priva della disperazione che la tragedia appena avvenuta richiama inesorabilmente.