Rai 1 sta mandando in onda Il commissario Ricciardi con Lino Guanciale e noi vi proponiamo la recensione. La serie è tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano che ha ambientato le storie del suo poliziotto nella città partenopea agli inizi degli anni Trenta.
Il Commissario Ricciardi la recensione
La prima puntata è stata preceduta da una breve presentazione del poliziotto: bello e tormentato, dotato di una capacità che per lui è un dramma: riesce a parlare con il fantasma delle persone colpite da morte violenta. Ed a sapere da loro le ultime parole pronunciate. La serie ne mette in evidenza due aspetti: quello professionale, rigido, inflessibile, troppo austero, e l’altro umano, malinconico, in fuga da una relazione sentimentale che pure potrebbe assicurargli la tranquillità assente nel suo lavoro.
I romanzi di De Giovanni, come la serie, sono ambientati a Napoli. La città è sullo sfondo con tutta la sua carica partenopea dei primi anni Trenta. Ma le ricostruzioni, soprattutto degli esterni appaiono molto artigianali, spesso solo accennate. Per rappresentare un’epoca è necessario ben più di alcune auto che circolano e di personaggi che magari passeggiano nei dintorni. Più curati sono invece gli interni. La serie si sofferma su alcuni palazzi napoletani mostrandone le sale e sottolinea anche un certo aspetto della moda dell’epoca. Non sempre basta, però, per l’inserimento di una storia in un contesto specifico. Il Regio Teatro San Carlo, nella sua opulenza, è il pezzo forte di quella Napoli.
Un aspetto della sceneggiatura da mettere in rilievo è la linea di demarcazione, flebile, quasi evanescente, tra la realtà e il paranormale di cui è vittima suo malgrado il protagonista. Momenti che evocano, in qualche modo, le atmosfere di un’altra fiction, La porta rossa in cui l’aspetto ultra terreno era ancor più evidente. Guanciale era lui stesso un fantasma in cerca del suo assassino quando era in vita.
Poi c’è il risvolto sentimentale del commissario che guarda da una finestra, insistentemente e malinconicamente, una ragazza, Enrica, di cui è innamorato. Un amore platonico che fa pensare forse ad un feuilleton. Perchè Ricciardi sa che, sposandosi, trasmetterà il suo drammatico “dono” ai figli.
Analisi dei personaggi
Immobile nel personaggio del Commissario, Lino Guanciale appare spesso immerso in una staticità che aggiunge lentezza e qualche tempo morto alla recitazione. E’ uno dei limiti della sceneggiatura sottolineata da musiche che ne aumentano una sorta di malinconia latente, di tristezza strisciante, in tutti i passaggi. Elementi che, insieme alle tinte fosche utilizzate, servono per far capire quanto fosse discutibile e buia l’epoca in cui tutta la vicenda è ambientata. Il periodo fascista, le limitazioni alla libertà, l’ansia di esprimere liberamente le proprie opinioni sono rappresentate da vari personaggi che in parte riescono nell’intento.
Ottima l’interpretazione del fidato assistente di Ricciardi, Raffaele Maione, interpretato da Antonio MIlo. Credibile la sua recitazione. Manca, però, la coralità attoriale in tutto il contesto, nonostante gli sforzi della regia. Una regia attenta soprattutto ai primi piani del protagonista. Se ne poteva fare a meno.
Inoltre la linea gialla è apparsa, almeno nella prima puntata abbastanza flebile e scontata nei suoi risvolti. Tra le pagine letterarie e il resoconto televisivo, esiste una grande differenza.
Ho visto la prima puntata de Commissario ricciardi. Io sono amante delle serie tv, ma devo dire che già dalla prima puntata è una serie molto scadente. Non mi piace la faccia sempre cupa che ha guanciale ed i fantasmi sono orrendi