Innanzitutto la storia televisiva si avvale della grande professionalità di Proietti, artista in grado di delineare il suo personaggio in tutte le sfumature umane, religiose, psicologiche dell’ uomo che ad un certo punto della sua vita si ritrova a fare i conti con un passato fino a quel momento sconosciuto. Ambientata nella Roma papalina del 1867, la fiction conta su una accettabile ricostruzione storica anche se il quartiere Trastevere di Roma è stato ricostruito a Belgrado. Il resto della vicenda, invece, è stato girato in loco, tra Roma, Frascati, Nepi e Rota.Ma le riprese appaiono molto “ravvicinate” nel tentativo di evitare i larghi spazi degli esterni.
Altro valore aggiunto è la presenza dell’attrice Sandra Ceccarelli nella parte della contessa Flaminia Ricci, la nobildonna che, in gioventù, ha avuto una fugace relazione con il Monsignore dalla quale è nato un figlio. Unica nota stridente, per motivi anagrafici, la notevole differenza d’età esistente tra la giovane Ceccarelli e Proietti che, nell’economia del racconto, rende meno credibile da parte del telespettatore dover accettare l’esistenza di una relazione amorosa risalente a due decenni prima.
Ruolo di notevole appeal è anche quello di Lino Toffolo che interpreta Serafino, l’ingenuo, tenero, semplice, affezionato perpetuo del Cardinale Colombo. Insomma, bastano questi tre interpreti per conferire sostegno alla storia e far chiudere un occhio su altri limiti. Quello più evidente, ad esempio, è la lentezza della sceneggiatura in molti punti. Dovendo la vicenda occupare il doppio del tempo raccontato nel film originale, molti fatti accaduti sono stati “diluiti” per le esigenze delle due serate televisive.
Certo, non si sentiva l’esigenza di una rivisitazione in chiave televisiva di In nome del papa Re, viste anche le tante volte che la pellicola è stata riproposta in tv. Ma l’operazione,che ha coinvolto quasi tutta la famiglia Manfredi, rappresenta un modo di avvicinare la platea televisiva generalista a una fase cruciale della nostra storia nazionale, nel 1867. L’obiettivo dei patrioti del tempo era poter abbattere il potere temporale del Papa, unico ostacolo che impediva la definitiva unità d’Italia. Questa speranza, affidata all’entrata di Giuseppe Garibaldi nella Capitale, aveva infiammato anche tre giovani patrioti tra i quali si trovava proprio Cesare Costa, il ventenne rivoluzionario condannato alla ghighiottina che il cardinal Colombo scoprirà essere suo figlio. Domenico Diele, il giovane attore che lo interpreta, fornisce una credibile prova recitativa.