Barbara D’Urso ha subito riversato sul pubblico tutto il forziere delle sue preziosità trash. Gioiellini di gossip incastonati in un contesto di liti e discussioni sopra le righe, gemme rilucenti di pettegolezzi scovati in quel ricco sottobosco televisivo dove le starlette che non riescono a brillare di luce propria, ricevono visibilità e considerazione. E possono convivere con ospiti blasonati, come è accaduto nella puntata di oggi: Placido Domingo accanto all’uomo che si è sottoposto a 58 operazioni chirurgiche per assomigliare ad una bambola ed è chiamato il “Ken umano”, come il fidanzato di Barbie
Nei programmi della D’Urso tutto appare bellissimo,filtrato da un’atmosfera fiabesca come le luci che illuminato il volto della Carmelita nazionale. I personaggi che arrivano alla sua corte sembrano giungere in una sorta di paese delle meraviglie dove la Regina li accoglie benevolmente al suo fianco, li esalta come cavalieri e principesse, li coccola e si prende momentaneamente cura dei loro figli, che, nel vocabolario dursiano sono le “creaturine”. Ognuno si sente gratificato dalla bacchetta magica che, per qualche minuto, trasforma le zucche in splendide carrozze e la fuliggine della quotidianità in un’aura regale.
Questo è uno dei punti di forza più pericolosi della tv dursiana, che mescola lacrime e trash sfrenato, populismo elevato all’ennesima potenza e creazione di “nuovi mostri televisivi” come il farmacista Alberico Lemme. Nella gran melassa domenicale affondano anche politica e difesa dei cittadini. La conduttrice, si pone al fianco di deboli e anziani, ambisce a denunciare truffe e imbrogli,cavalca con innegabile e subdola intelligenza la cronaca nera, scava nella sofferenza altrui in un tripudio di retorica che gronda dalle interviste e dai servizi dei “suoi giornalisti”. Ma lei è anche pignola e perfezionista, attenta al suo look come ai servizi da mandare in onda. Difficile che le sfugga qualche pur minimo dettaglio.
Una macchina da guerra lanciata nella battaglia degli ascolti e difficile da bloccare. Ci sarebbe bisogno di un’idea intelligente, di una proposta creativa che traducesse in rispetto per i telespettatori, tutta l’irrispettosa ipocrisia che anima il regno dursiano. Finora nessuno vi è riuscito, neppure quel mostro sacro di Pippo Baudo che ha gestito la Domenica in dello scorso anno. Sono capitolati tutti, i dirimpettai della domenica, proni ai suoi piedi, schiacciati dai numeri dell’Auditel.Tutta questa impalcatura è tornata, integra e senza scalfitture, nella prima puntata di Domenica live dell’autunno 2017.
Un discorso a parte merita la famiglia “dursiana” che, Giano bifronte, ha due facce. La prima è buonista finalizzata a presentare famiglie unite dall’amore in tutte le sfaccettature. E poco importa se si tratta di amore a scadenza, vista la frequenza con cui nel mondo dello spettacolo, si cambia partner. La seconda ha un’immagine terribile perché protagonisti sono i figli che si scagliano contro i padri e li portano anche in tribunale, rampolli di personaggi noti che ricoprono i genitori di tonnellate di fango magari solo per avere un posto, retribuito, nel carrozzone di Domenica live.
Difficile togliere dai programmi della D’Urso l’impalcatura spettacolare, sapientemente costruita a tavolino, che li regge. Crollerebbe tutto l’impianto. Ma è un rischio, purtroppo, a probabilità nulla.