Ancora una volta il manager di turno (questa volta Fabrizio Piantoni) abbandona la poltrona presidenziale, cambia identità e va a lavorare nei vari settori della sua azienda, dividendo la fatica con i dipendenti. Le persone che incontra hanno tutte alle spalle storie di sofferenza e di disagi economici, vicende personali di sofferenza e di delusioni. Ed è su questo aspetto che il docu- reality ha insistito in maniera più incisiva rispetto allo scorso anno. Potrebbe anche insinuarsi, nel telespettatore, il dubbio, che ci sia stata una accurata selezione dei dipendenti da mettere il relazione con il “boss in incognito” per suscitare nel pubblico commozione e partecipazione.
{module Google richiamo interno}La tv del dolore e dello sfruttamento dei casi umani ci ha abituati a pensar male. Certo, si è notata una maggiore rappresentanza di persone in difficoltà e si è constatato anche un maggior buonismo da parte del boss. In tutti i dipendenti sono stati visti, quasi sempre, gli aspetti positivi, la propensione ad aprire il proprio animo all’interlocutore, la dignità di fare il proprio lavoro con coscienza e senso del dovere.
Ci sono pur state piccole manchevolezze come lo chef che non indossava il cappello e la cameriera che non indossava i guanti per la pulizia dei bagni. Ma il boss, animato da estremo buonismo li ha, alla fine, gratificati tutti.
Ne è scaturita l’immagine di una piccola Italia in guerra con la crisi economica che cerca, con grandi sacrifici, di dare dignità alla propria vita e al proprio lavoro. Persone costrette ad allontanarsi dalla propria terra d’origine e trasferirsi a 1200 chilometri di distanza per trovare un’occupazione, madri che, abbandonate dal marito hanno dovuto riprendere in mano le redini della propria esistenza in nome dei figli: questa l’umanità dolente di Boss in incognito. Al telespettatore piace credere che tutto sia reale, che la mano degli “sceneggiatori” abbia guidato il meno possibile le redini del docu- reality.
Si è cercato anche di limitare al massimo il divario tra il grande manager e la sua “classe operaia” in nome di una solidarietà e di uno spirito di partecipazione che sono ancor più accentuati, almeno nella puntata d’esordio.
Costantino Della Gherardesca, gestisce il rapporto con il boss di turno dall’alto dell’esperienza acquisita in due edizioni di Pechino Express.