E’ andata in onda su Rai 1 la fiction Pietro Mennea La freccia del Sud ci cui vi proponiamo la recensione.
Pietro Mennea- la freccia del Sud, la recensione
Una rappresentazione molto oleografica, standardizzata nei classici e scontati canoni della fiction made in Italy. Una storia all’insegna dei consueti ingredienti da soap opera: il bravo ragazzo, dalle grandi potenzialità che parte da un paesino del profondo Sud e diventa il più grande atleta. Una sorta di favola moderna nella quale sono sapientemente miscelati riscatto, forte volontà, coraggio, sentimento: il tutto all’insegna dei grandi valori sportivi. Così ha esordito la prima puntata della miniserie Pietro Mennea- la freccia del Sud, andata in onda domenica 29 marzo su Rai1.
La fiction è apparsa un’operazione strappa- audience nella quale la figura di Pietro Mennea, scomparso a soli 60 anni nel marzo 2013, svetta non solo come campione sportivo. Del protagonista è stata raccontata una parte della sua infanzia, quando a Barletta, aveva come unica aspirazione correre, nonostante l’opposizione della madre. L’ambiente nel quale il campione è cresciuto ha tutte le caratteristiche della provincia abbandonata del Sud. I genitori, interpretati da Lunetta Savino e Nicola Rignanese, sono apparsi, nella rappresentazione scenica troppo “calcati” anche nella parlata dialettale, volutamente accentuata per evidenziare le origini pugliesi. Rignanese sembra essersi specializzato nei ruoli di “padre del Sud”: lo abbiamo visto interpretare un siciliano trasferitosi a Torino nella serie Questo nostro amore. E ascoltandolo e rivedendolo qui, non si nota alcuna differenza nel modo in cui carica i personaggi in cui si cala. Lunetta Savino è lontana dalla servetta di Un medico in famiglia e ha trovato una propria dimensione professionale che, nel ruolo della madre di Mennea appare però, quasi caricaturale.
Certo, le imprese sportive dell’atleta sono state ampiamente documentate, ma si è dato spazio anche alla personalità del protagonista, ai suoi amoretti di ragazzo ventenne, alle sue paure, ai timori: il tutto nel contesto degli anni Sessanta con le canzonette di sottofondo, uniche a testimoniarne le atmosfere.
Il protagonista Michele Riondino
Michele Riondino, nel ruolo di Mennea, ha fatto il possibile e l’impossibile per risultare credibile. Forse vi è riuscito. E gli sforzi si sono notati: stessa provenienza dal Sud Italia, medesima volontà di affermarsi sia pure in campi differenti. ma anche lui, nel tentativo di dare il meglio, ha commesso qualche errore: ha accentuato troppo la propria recitazione.
Spesso si è avuta la sensazione che, nonostante la velocità del protagonista, la fiction scorresse lentamente e a compartimenti stagni: prima sono stati documentati il periodo dell’infanzia, gli allenamenti e le corse da ragazzino, poi il record italiano nei 200 piani. Successivamente il bronzo di Monaco e gli Europei di Nizza. Intorno ad ognuno di questi eventi è stata cucita una storia.
Infine: Luca Barbareschi nel ruolo dell’allenatore Carlo Vittori, ha sfoderato tutto “il mestiere” dell’attore, ma avrebbe potuto evitare la sigaretta perennemente accesa tra le labbra.
io sono un’appassionata pazza dell’atletica, ansi non solo sono un’appassionata dell’atletica ma la pratico anche!!! Questo film mi ha particolarmente commoso perchè è esattamente la stessa storia rifatta meravigliosamente di Pietro Mennea!!! FORZA PIETRO MENNEA!!( morto nel 2013 ricordiamolo per tutta la vita!!
fa schifo un insulto al buon Pietro Mennea il protagonista non c’azzecca una virgola