Invece lo ha involgarito perché si è rivelato inadatto e persino all’insegna della maleducazione. Verso metà programma un video ironicamente provocatorio nei confronti dei coach mostrava il conduttore che inveiva contro ognuno di loro senza risparmiare parole anche scurrili e un linguaggio incredibilmente sboccato.
Espedienti non degni di una tv pubblica che, forse, miravano allo svecchiamento dello show, nelle intenzioni sia del conduttore che degli autori. A volte si è avuta la sensazione che Costantino considerasse The Voice una succursale dei suoi programmi precedenti (Le Spose di Costantino, Pechino Express).
La giuria composta da Al Bano, Francesco Renga, J-Ax e Cristina Scabbia ha riservato qualche sorpresa. In primis Al Bano, è riuscito a dare un’impronta personale alla sua partecipazione, mostrando di sapersi inserire nel contesto del talent. J-Ax si è lasciato alle spalle la tracotanza delle edizioni precedenti. Il rapper ha perso l’alterigia che lo aveva spinto a criticare aspramente The Voice nel programma “Sorci verdi” da lui condotto su Rai 2 subito dopo la conclusione dell’edizione del talent del 2015. Con la sua presenza adesso ha dimostrato un ripensamento.
Francesco Renga e Cristina Scabbia, la frontwoman dei Lacuna Coil non hanno ancora ingranato il meccanismo.
Si è cercato di velocizzare la formula con un montaggio veloce, ma il risultato è stato azzerato da lungaggini inutili finalizzate solo a coprire la seconda serata. Si è incrementato l’aspetto familiare delle storie, puntando molto di più sul privato dei partecipanti. Si è cercato insomma di trasformare i giovani artisti in “casi umani” inciampando spesso nella solita retorica televisiva. Il rischio che possa ripetersi una simile operazione, esiste e se non si interviene, potrebbe aumentare nelle puntate successive.
Come accade in ogni edizione, nella prima puntata si concentrano i giovani artisti migliori, creando l’atmosfera di suspence che porta gli interpreti a scegliere il loro coach di riferimento.
Inoltre si è voluta veicolare, attraverso i giovani concorrenti, l’immagine di una società multirazziale dove la diversità doveva apparire perfettamente integrata, e l’italianità rispecchiata in un arcobaleno di colori. Il tutto affrontato con superficialità quasi imbarazzante, laddove si poteva lanciare un messaggio più incisivo.
Non basta mettere insieme la drag queen pugliese, la diciottenne afroitaliana, la giovane filippina e il nipote del cantante napoletano Aurelio Fierro. L’integrazione è ben altro.
C’è ancora molto da migliorare nello schema del talent show. Speriamo sia possibile un aggiustamento per le puntate ancora in via di registrazione. Speriamo soprattutto che l’eleganza e la sobrietà di parola e di atmosfere possano sostituire la grossolanità dell’esordio.