Il format scelto per la ricostruzione è a metà strada tra l’inchiesta-documentario, la fiction e il teatro. In studio, tra gli altri, Remo Girone nei panni di Giulio Andreotti, Gaetano Aronica nei panni di Aldo Moro e Andrea Tidona in quelli di Licio Gelli. Nelle prossime puntate, Bobo Craxi impersonerà suo padre Bettino e ci sarà spazio anche per Christian Burruano, recentemente impegnato ne “Il Capitano Maria” su Rai1.
Al racconto giornalistico hanno partecipato Annalisa Chirico, Marco Damilano, Stefania Limiti e Lanfranco Pace, insieme a Ilaria Moroni (formatrice e scrittrice).
– Di seguito potete ripercorrere la diretta della puntata –
L’introduzione è un monologo di Michele Santoro sullo spessore umano intellettuale di Aldo Moro. Simbolo di una politica fatta di idee, passioni e visione, contrapposta a quella meschina e senza volori di oggi.
Poi subito una prima parte della mini-fiction che ricostruisce il clima politico al momento del sequestro Moro. Giochi di potere, dossier, inchieste giornaliste come quella sullo scandalo Lockheed.
Si lascia trapelare l’idea del coinvolgimento della CIA, di Licio Gelli e della Massoneria, dei Servizi Segreti, nell’avvelenamento del clima in cui Aldo Moro lavorava per cambiare la politica e i rapporti tra gli Stati con il “compromesso storico”. Contemporaneamente, il confronto e le discussioni politiche si esasperavano in vista del compromesso e le Brigate Rosse decidevano di alzare il tiro.
Questa mini-fiction – molto curata – tende a mettere in risalto la complessità e la fumosità della situazione. E avanza i primi dubbi sulla ricostruzione, evidentemente ritenuta semplicistica, di un’azione orchestrata solo dalla Brigate Rosse.
In particolare, si parla di un comportamento poco chiaro degli inquirenti la mattina del sequestro di Aldo Moro in Via Fani, a Roma. O della possibilità che nell’agguato fossero coinvolti dei professionisti particolarmente abili.
Al rientro in studio, Michele Santoro introduce Stefania Limiti, giornalista e scrittrice che si è occupata spesso del caso. Con lei parla delle ricostruzioni balistiche e delle perizie fatte per chiarire cosa successe durante il sequestro.
Secondo la Limiti, da quanto riportato nella ricostruzione sembra improbabile che le BR abbiano potuto mettere sparare i 49 colpi con cui è stato condotto l’agguato. Perché non avevano né le armi né l’addestramento adeguati.
Dopo di lei interviene Marco Damilano, Direttore de L’Espresso. Mette in risalto alcune lacune su quanto sappiamo degli spostamenti delle forze dell’ordine: o avevano fiutato qualcosa, oppure è difficile pensare che avrebbero potuto arrivare così presto in Via Fani.
Annalisa Chirico – giornalista de Il Foglio – dice che è un caso troppo articolato e lontano nel tempo per avere la pretesa di chiarire ogni dubbio e far concordare tutte le ricostruzioni. Ribadisce, tuttavia, la difficoltà di comprendere perché lo Stato abbia sottovalutato la minaccia pendente su Aldo Moro (non gli era stata concessa nemmeno l’auto blindata), che in quei giorni era palesemente in pericolo.
Ora una finestra “teatrale” sulla vicenda: Michele Santoro intervista Giulio Andreotti, impersonato da Remo Girone.
Le domande sono sull’atteggiamento ambiguo dell’allora Presidente del Consiglio e sulle dichiarazioni rilasciate in quei giorni. Nello specifico, cerca chiarimenti sul ruolo del Segretario di Stato USA, Henry Kissinger.
Sembra che il Segretario Kissinger avesse chiesto in maniera decisa a Aldo Moro – durante un viaggio in USA di pochi mesi prima – di abbandonare la sua idea di compromesso storico.
La notizia trova conferma sia nei racconti della moglie di Aldo Moro sia in alcuni documenti desecretati di recente, secondo quanto riposrtato in studio da Sara Rosati.
Ospite in studio il Generale Paolo Inzerilli, ex-capo dell’Operazione Gladio, un’organizzazione para-militare italiana, promossa anche dalla Nato e alle dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa. Si trattava di un’organizzaizone segreta di cui erano in pochissimi erano a conoscenza: il suo compito era quello di contrastare eventuali operazioni sovietiche portate avanti sottotraccia. Gladio operava già anni prima del sequestro di Aldo Moro.
I dubbi relativi all’Organizzaizone Gladio sono due: sembra che il Colonnello Camillo Guglielmi – ai vertici dell’organizzaizone – era dalle parti di Via Fani al momento del rapimento; l’Organizzazione Gladio fece una strana esercitazione poco prima della vicenda Moro, che prevedeva proprio il trasporto di prigionieri.
Il Generale Paolo Inzerilli rivendica il lavoro fatto dall’organizzaizone solo al servizio dello Stato. Nega che il Colonnello Camillo Guglielmi facesse parte di Gladio e che fosse a conoscenza della sua esistenza. Conferma, invece, il fatto che l’Organizzazione Gladio fosse infiltrata da una sottostruttura di stampo fascista. Si trattava si una sottostruttura fuori controllo.
Il giornalista Lanfranco Pace, sollecitato da Michele Santoro, parla delle Brigate Rosse e della loro attività. Mette in risalto come lo Stato e la Polizia fossero particolarmente deboli in quel momento.
Adesso Diego Verdegiglio impersona Francesco Cossiga, all’epoca Ministro dell’Interno. A lui si rivolse spesso Aldo Moro nelle sue lettere dalla prigione. Proprio una di queste lettere viene letta da Gaetano Aronica, che impersona Aldo Moro. Cossiga è un’altra figura sul cui immobilismo sono sorti molti dubbi nel corso degli anni.
Per la parte teatrale, Lucia Mokbel viene impersonata in studio durante l’interrogatorio sul presunto covo delle Brigate Rosse in Via Gradoli a Roma. Le indagini relative a quell’appartamento furono portate avanti in maniera approssimativa e inspiegabilmente lacunosa.
Ne parlano anche Annalisa Chirico e Marco Damilano. La Chirico tende a porre l’accento sulla totale impreparazione degli investigatori, mentre Damilano (insieme a Michele Santoro) prova a mettere in risalto le strane contraddizioni della condotta investigativa in quei giorni.
Di nuovo fiction, ora. Questo spezzone si concentra su uno strano fatto avvenuto la mattina del rapimento di Aldo Moro: alcuni ascoltatori di Radio Città Futura, per alcuni secondo sentirono una conversazione in cui si diceva che a breve sarebbe stato rapito Moro.
Anche in questo caso, si parla di Giulio Andreotti, di Francesco Cossiga, dei Servizi Segreti. Telefonate di informatori e rivelazioni a cui seguirono condotte (o la mancanza di condotte) non sempre spiegabili in maniera lineare. Di nuovo, emergono tutti i dubbi di giornalisti, militanti politici e gente comune sul coinvolgimento esclusivo delle Brigate Rosse.
Emergono, inoltre, altri elementi: alcuni bossoli ritrovati in Via Fani venivano usati anche dall’Esercito; il Colonnello Camillo Guglielmi (presente nella stessa via) era esperto di imboscate; la zona era stata sorvolata da un elicottero bianco senza distintivi, di cui non si seppe più nulla nemmeno al livello radar.
Ma la cosa più importante che viene presentata tramite la fiction è la ricostruzione del giornalista Mino Pecorelli, all’epoca dei fatti Direttore dell’Agenzia “Osservatore Politico”.
Tramite una rete di informatori segreti, aveva ricostruito la faccenda dicendo che la “linea della fermezza” (nome con cui venne indicata la scelta, tra gli altri, del governo e della DC di non trattare con le BR e di rimanre immobili) era avvenuta perché, se le Brigate Rosse fossero andate fino in fondo, sarebbe stato meglio per tutti. Americani compresi. Si tratta di una ricostruzione mai confermata e che lascia ancora oggi molte domande aperte. Anche perché, Mino Pecorelli venne ucciso nel 1979 in circostanze poco chiare.
La puntata di questa sera si chiude qui. Il racconto della vicenda Moro continuerà nella prossima puntata di M, giovedì prossimo.