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Accento romano, voce dal timbro importante, l’attore ha parlato di Schiavone tra ironia e dolore. “Io -ha scherzato- non lo volevo fare: avevo impegni cinematografici. Perciò ho fatto di tutto per riuscire a non avere il ruolo: mi sono comportato da scontroso, da burbero. Non avevo capito che, invece, il personaggio era proprio quello”. Quindi, prima di arrivare sul set, è iniziata la lettura dei romanzi di Manzini.
Questo vicequestore che “per due cannette” ha suscitato tanto clamore, non è però così distante dall’uomo che gli ha dato il volto. Entrambi infatti hanno vissuto la morte della propria compagna: “Noto che c’è sempre una certa reticenza a toccare l’argomento, ma io non sono né il primo né l’ultimo uomo che ha perso la moglie: succede, è la vita. Approcciarmi a un personaggio che ha avuto il mio stesso trascorso è stato forte”.
Ma il personaggio di Schiavone è stato solo l’ultimo impegno per Giallini: il 2016 è stato anche l’anno di Perfetti sconosciuti, film che ha conquistato due David di Donatello e un ottimo riscontro di pubblico nelle sale. La riflessione passa naturalmente al cinema, a cui Giallini è approdato dopo il teatro: “Quando c’è qualche film che incassa, si parla sempre di rinascita del cinema. Ma la verità è che non si sa mai come va a priori: ci si prova. Io e Paolo Genovese siamo amici: quando mi ha detto che aveva questa idea che girava intorno ai telefoni, eravamo al mare insieme. E io gli ho risposto che già, solo l’idea di un film sui telefoni, mi disturbava. Invece alla fine ha incassato qualcosa come 20 milioni: una cifra impensabile”.
Una passione, quella del cinema, trasmessagli dal padre: un grande amante di noir che, all’epoca, poteva vantarsi di avere la terza elementare. Lo aveva portato anche sull’isola Tiberina a vedere Gina Lollobrigida che girava: “Quando mi accorsi che i tedeschi, durante le pause, parlavano romano, cominciò a scattarmi qualcosa dentro”. Da “figlio del proletariato” tanti ruoli non si potevano rifiutare, ma sono arrivati tutti in età adulta: il lavoro da imbianchino al mattino, la scuola di recitazione la sera, il primo provino è stato a 28 anni per l’Adelchi. C’era Arnoldo Foà, già vecchio per il Giallini quasi trentenne: “Mi richiamarono poco dopo. Avevamo il telefono in casa da due giorni: quando squillò, saltammo sulla sedia spaventati”. Il papà, un uomo “bello come il sole” e con gli occhi verdi, è morto prima che la carriera di attore decollasse: “Il suo preferito era Michel Piccoli, lo amava più di tutti. Quando venni candidato ai David, nella cinquina con me c’era proprio lui. Mio padre è morto quando io ancora facevo l’imbianchino: non ci avrebbe creduto mai, nemmeno se gli avessi detto che Piccoli l’avevo incontrato sulla Nomentana“.
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Dopo la parentesi televisiva di Schiavone, vedremo presto Giallini di nuovo al cinema. Intanto però, a una bambina che gli chiede se ci sarà una seconda stagione della serie, all’attore non rimane che rispondere: “C’è un piccolo problema: devono scrivere i libri”.