Un bel lavoro, diciamo subito per averne visto l’anteprima al RomaFictionFest. Per lo schermo della kermesse capitolina la fiction è stata rimontata dal regista Carlo Carlei (la coproduzione è di RaiFiction e Paypermoon Italia presieduta da Mauro Mauri) in un unico film di 145 minuti che ha condensato le due puntate. Così gli spettatori hanno potuto seguire l’intera storia di tre giovani triestini che, su quella città di confine, conoscono anche la linea di demarcazione della loro vita, degli ideali, degli affetti, del bene e del male.
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Si chiamano Bruno, Franz ed Emma, sono compagni di scuola nell’ultima classe del liceo, lei figlia di un commerciante ebreo, il primo nato in una famiglia operaia, il secondo rampollo di un rude ufficiale di origine austriaca. Increspa i passatempi, le passioni culturali e gli affetti dei tre inseparabili da una parte l’attentato di Sarajevo, dall’altro la febbre dell’irredentismo, che contagia il fratello di Bruno, pronto a lasciare la famiglia per passare la frontiera e prepararsi a combattere sotto la bandiera italiana. Non avrà fortuna, come le centinaia di migliaia di ragazzi nati all’inizio del Secolo Breve. Arrestato dagli austriaci perché riconosciuto dall’inflessibile padre di Franz, verrà impiccato.
E’ il nodo che mette in azione il plot. Bruno, allegro, ottimista, decide di abbracciare l’ideale del fratello e va a indossare la divisa grigioverde proprio mentre all’ufficiale Cadorna il governo italiano chiede di guidare un esercito impreparato accanto ai franco-inglesi e contro gli austriaci, fino ad allora alleati. E’ segretamente innamorato della delicata ebrea, ma lei ama Franz, conosce con lui la passione, ne rimane incinta. Il bel giovane austriaco vorrebbe sposarla, il padre folle di un ideale che quasi preannuncia il nazismo per lo sprezzo verso gli ebrei, lo induce con la forza a entrare nel corpo degli ufficiali austroungarici. Alla sua ragazza non resta che la consolazione delle lettere a Bruno, che dal fronte le promette di sposarla, per assumersi la responsabilità di una paternità che il comune amico inspiegabilmente scomparso sembra aver rifiutato. Il matrimonio avviene durante una licenza, Emma è riconoscente ma lo abbraccia soltanto come un fratello. Poi la guerra muta i sentimenti. Lei lascia Trieste per la italiana Gorizia, dove si prodiga come crocerossina.
Bruno morde tutta la violenza omicida del conflitto, sulle montagne, nelle trincee, con armi inadeguate a fronteggiare quelle del nemico. Eppure il destino tesse trame imprevedibili. Si ritrova davanti Franz dopo un combattimento e dopo che la sua sposa, rivista in licenza, gli si abbandona fra le braccia, finalmente innamorata. Potrebbe avere la meglio sull’amico-nemico, invece lo risparmia e se lo porta in trincea, facendogli indossare la divisa di uno dei cadaveri italiani e mostrando ai superiori di averlo trovato tra i sassi alpini come un portamessaggi che si era perduto.
Gli fa rivedere Emma e il suo bambino. E tutti e tre, riuniti, trascorrono gli ultimi giorni venati da sorrisi della loro vita. La giovane ebrea dice al biondo ufficiale ariano che non sarà più la sua amante ma piuttosto che è la moglie fedele di Bruno, però ad entrambi gli uomini della sua vita rivela che riserverà per sempre un posto nel cuore. Poi ognuno al suo destino: Franz nell’esercito austriaco, il capitano Bruno nelle trincee italiane dove si conosce solo la morte, Emma nelle corsie ricavate in una chiesa, dove manca perfino il disinfettante.
Lo dice al generale Cadorna, in visita tra i feriti. E gi chiede pure quando finirà quella guerra insensata per i soldati italiani, mandati al macello per una ottusa strategia geopolitica e militare. Non ottiene risposta. Non la otterrà mai, anche quando andrà, con il figlio ormai maggiorenne, al Sacrario di Redipuglia, colosso bianco appena increspato dai nomi dei morti sul fronte.
Edoardo Purgatori
Una vicenda costruita con credibilità, quella credibilità alla quale ci hanno abituato le storie di guerra, nelle quali la logica quotidiana è superata dalla particolare sensibilità, dalla comprensione del dolore, dal cinismo prodotti dal conflitto. La scrittura di Laura Ippoliti e Andrea Purgatori in collaborazione con Carlei ha poi un merito in più, che spesso è assente nei film-tv in più puntate: conferisce ai protagonisti e a tutte le facce di contorno un eloquio stringato, senza sbavature, senza retorica. Ne sortisce lo stesso benefico effetto che si trova ormai raramente nella letteratura scarna di aggettivi, in quei romanzi che non si intestardiscono a spiegare tutto con le parole.
Una sceneggiatura così concepita è funzionale alla regia che gioca spesso sui primissimi piani, su quegli sguardi che esprimono lo sfacelo di una generazione anelante a vivere. E che è espressa con la massima efficacia dai protagonisti, soprattutto dal Bruno di Filippo Scicchitano (l’impertinente adolescente rivelato al pubblico cinque anni fa da “Scialla!” di Francesco Bruni) e da Caterina Shulha, l’attrice e modella bielorussa che abbiamo visto in tv tra gli altri ne I Cesaroni, in Che Dio ci aiuti e in Squadra antimafia 8- il ritorno del boss.
L’altro del terzetto è un bravo Alan Cappelli Goez, visto tra l’altro in Tutti pazzi per amore e che qui deve sostenere il ruolo forse più arduo, venato com’è di apparente ambiguità e di impossibilità di reagire al forsennato padre. Meno convincente per certe smorfie di troppo mentre compulsa le carte geografiche il Cadorna di Massimo Popolizio, mentre è emozionante l’interpretazione di Alessandro Sperduti, irredentista fino al sacrificio, e si segnala quella di Edoardo Purgatori, commilitone di Bruno e come Sperduti proveniente da “Un medico in famiglia”.
Ambientazione, costumi, scenografia sono sontuosi, irreprensibili le scene di battaglia e quel loro inquadrare dall’alto i corpi inermi dei soldati sparsi sulle pietraie del Carso. Se c’è un appunto da fare alla regia è l’uso del ralenty in alcune scene acme del plot. Un espediente abusato e scontato che banalizza la forza della narrazione.