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Salvo Lupo ha contribuito in prima persona alla realizzazione della miniserie, grazie al rapporto di amicizia che lo lega a Giuseppe Fiorello. “All’epoca -racconta- abitavo a Portopalo, dove facevo il pescatore: i miei colleghi pescavano dei cadaveri, solo che dopo un po’ non se ne parlò più. Era il 1996, nessuno denunciò. Dopo, nel 2001, io mi trovai nel punto esatto in cui doveva essere affondata la nave: capimmo che c’era stato un naufragio”. È a quel punto che Lupo sporse denuncia, ma “le autorità non la ritennero importante”. A quel punto allora, visto il disinteresse generale, entra in gioco il mondo dell’informazione: “Passai a parlare con un giornalista che avevo conosciuto, Giovanni Maria Bellu, e facemmo un’inchiesta”.
Dal ritrovamento del relitto, passò un anno prima che la storia dei “fantasmi di Portopalo” divenisse pubblica: “Le autorità mi dicevano di lasciar perdere, perché tanto erano erano extracomunitari, immigrati. Ma io non la pensavo così”.
Dei pochi sopravvissuti, sono tornati quasi tutti al loro Paese. Anche il ragazzo di 16 anni salvato da Salvo Lupo: “Adesso è in Sri Lanka, ogni tanto ci sentiamo”.
Salvo Lupo ha raccontato la sua storia sottolineando che gli abitanti di Portopalo hanno taciuto sulla tragedia non per omertà ma soltanto per difendere lo spazio di mare che altrimenti sarebbe stato chiuso per un periodo indeterminato necessario per effettuare le indagini. La piccola comunità, infatti, basava la propria economia soltanto sulla pesca.