Prende il nome dalla firma di un writer e racconta, tappa dopo tappa, il percorso a piedi di sei detenuti lungo la Via Francigena del Sud. Dal Colosseo di Roma a Santa Maria di Leuca, estremità sud della Puglia. Boez è una serie scritta da Paola Pannicelli con Roberta Cortella e diretta dalla stessa Cortella insieme a Marco Leopardi.
I protagonisti sono Alessandro, Omar, Maria, Matteo, Francesco e Kekko, condannati per reati legati a violenze, droga e criminalità. Hanno avuto accesso al programma speciale che prevede per loro un pellegrinaggio come pena e dispositivo di recupero alternativi. Una scelta già sperimentata in altri paesi europei e che ha dimostrato efficacia, riducendo al minimo le recidive.
Anche per questo, il Ministero della Giustizia italiano ha sposato il progetto della Rai. In Italia, le condanne hanno come fine ultimo quello del recupero e del reinserimento dei detenuti. Un obiettivo raggiungibile attraverso strade diverse da quella del carcere, spesso addirittura peggiorativo dei percorsi di vita dei condannati.
I protagonisti di Boez sono accompagnati dall’esperta Educatrice di Comunità Ilaria D’Appollonio e dalla guida Marco Saverio Loperfido. Durante il percorso hanno vissuto momenti di felicità e di crisi, ma soprattutto di riflessione sul loro passato. Un modo per eleborarlo e preparare il loro riscatto.
Questa mattina, alle 12:00 nella sede i Viali Mazzini, la Rai presenta Boez – Andiamo via.
Seguiamo insieme in diretta la conferenza stampa.
Insieme ai sei protagonisti, sono presenti Eleonora Andreatta – Direttrice di Rai Fiction – e i registi Roberta Cortella e Marco Leopardi.
Per prima, prende la parola la Direttrice Eleonora Andreatta: “Sicuramente questo progetto rispecchia il senso profondo del nostro lavoro. RaiFiction costruisce racconti che hanno con punto di riferimento l’attualità e la contemporaneità. Con le sue difficoltà e i suoi sogni.
Questa serie elimina la fiction per andare a racontare direttamente il percorso dei protagonisti. Boez è una serie pensata appositamente per Rai3. Inoltre, rispecchia il senso etico del servizio pubblico e il rapporto necessario con le istituzioni, in questo caso soprattutto il Ministero della Giustizia.
Abbiamo voluto fare tutto con grande pudore, facendo l’opposto dei reality, evitando ogni tipo di spettacolarizzazione e di finzione”.
Subito dopo, è il turno di Donatella Palermo, Produttrice di Boez: “Sono sempre molto felice, come produttrice, quando lavoro a progetti come questo. Amo un rapporto stretto tra la vita vera e il film o la serie a cui mi trovo a lavorare. In questo caso, c’è soprattutto una scoperta che mi piace condividere: la vita può migliorare. Anche con il lavoro che facciamo noi, si può contribuire a questo”.
Paola Pannicelli, co-autrice della serie: “Siamo riusciti a definire un prodotto dal quale emerge bene la storia dei protagonisti, ma non solo la loro, specifica esperienza. Tutto nasce da un documentario che raccontava un’esperienza simile in Belgio“.
Poi, in Rai e in Eleonora Andreatta – continua – ha trovato la sponda perfetta per provare a portare a termine questo progetto. Fondamentale, inoltre, è stato l’apporto scientifico di chi lavora ogni giorno con i detenuti. Un percorso – conclude – che ha toccato un altro tema a cui si è dedicata a lungo, quello delle difficili codizioni in cui si trovano a crecere alcuni adolescenti.
Roberta Cortella, autrice e regista: “È stata una bella sfida. All’inizio, non sapevo a cosa sarei andata incontro. Mi auguro che chi veda questo prodotto riesca a trasformarsi, come è successo a noi, a tutti coloro sono stati coinvolti in questo progetto.
Ogni giorno i protagonisti hanno raggiunto un traguardo, un piccolo passo verso l’arrivo finale. Anche nell’esperienza belga, a cui ci siamo ispirati, abbiamo visto i protagonisti cambiare, divetare perfino più belli. Selvaggi e finalmente liberi nella loro riconquista della libertà”.
Le fa eco l’altro regista, Marco Leopardi. Insieme, raccontano di come abbiano puntato ad influenzare il meno possibile l’esperienza dei protagonisti. Sia durante le riprese che nel lavoro legato alla fotografia e alla post-produzione. Infine, confessano il grande coinvolgimento umano che si sono trovati a vivere, nonostante i momenti complessi non siano affatto mancati. Un coinvolgimento vissuto insieme alla troupe e ai protagonisti, ma alimentato pure dal passaggio nei luoghi delle varie tappe.
Adesso parla Ilaria D’Appollonio, esperta Educatrice: “A me Boez ha dato tantissimo. Perchè è stata un’esperienza trasformativa, come per tutti. Porto con me pure la soddisfazione di aver raggiunto anche obiettivi e cambiamenti del tutto personali. Ad un certo punto, non si sapeva più chi fosse il detenuto e chi l’educatore. Ci sono stati momenti critici ma li abbiamo afforntati tutti insieme, lavorando sul e con il gruppo. Credo sia stato un punto di partenza per tutti, sono fiera e orgogliosa di tutti loro”.
Marco Saverio Loperfido, la guida: “La cosa che più mi fa piacere è quella di essere partito come guida per diventare – a detta loro – molto di più. Il cammino riesce a tirare fuori qualcosa di diverso. Unisce l’uomo, l’anima, il corpo e la testa con la natura. Tutto torna ad essere molto naturale. Anche noi abbiamo perso i ruoli con cui avevamo iniziato il viaggio, grazie ai lunghi colloqui con i ragazzi”.
Maria Cristea, una delle protagoniste: “È stata un’esperienza bella, che non ci ha cambiato la vita, però ci ha dato una spinta.Ci ha dato il coraggio per andare sempre più avanti”.
Francesco Dinoi: “All’inizio le difficoltà sono state molte. Dopo un po’, com’è stato detto, non c’erano più ruoli ed eravamo solo un grupo di amici. Tutti, compresa la troupe. Le telecamere non ci interessavano più, contava parlare, scherzare, stare bene. L’obiettivo erano le tappe e la quotidianità, avere un obiettivo. Quello che conta anche oggi, ad avventura finita e che mi consente di alzarmi ogni giorno sapendo il perché”.
Alessandro : “Innanzitutto, voglio dire che è stata un’esperienza fantastica. Prima, la mattina ci alzavamo con l’obiettivo di delinquere, mentre questo progetto ci ha consentito di fare uno sforzo con noi stessi. Ci siamo sostenuti a vicenda. Eravamo un gruppo, una famiglia. Abbiamo ricevuto amore, affetto, ospitalità e mi sono reso conto che il mondo non è solo rabbia, rancore, violenza: c’è molto di più e di meglio per cui migliorare e alzarsi ogni giorno”.
Kekko: “Questo percorso mi ha arricchito umanamente e anche dal punto di vista dei luoghi visitati. Ho capito molte cose che prima non ero stato in grado di cogliere. Come nel rapporto tra padre e figlio. Diciamo che la Statua della Libertà me la sono costruita da solo, in questo percorso”.
Matteo Santoro: “Ho fatto il cammino con l’obiettivo iniziale di arrivare alla fine senza cedimenti. Non mi importava di nient’altro, nenche dei miei compagni. È stata dura, ma alla fnei 50 giorni insieme mi sono aperto e il rapporto con i miei compagni d’avventura è cresciuto, il cammino si è fatto ancora più profondo”.
Le domande dei giornalisti.
Come sono stati scelti i sei ragazzi?
Roberta Cortella: “Ci siamo rivolti al Ministero delle Giustizia per collaborare ed abbiamo trovato un appoggio fondamentale. Loro ci hanno instradato. Sarebbe andato benenqualsiasi detenuto, infatti noi abbiamo fatto un minimo di selezione per maggiore affinità col progetto televisivo. Volevamo scegliere solo ragazzi molto giovani, poi abbiamo trovato persone che ci hanno conquistato umanamente, al di là dell’età. Abbiamo parlato con una trentia di ragazzi, in tutto.
La conferenza stampa di presentazione di Boez – Andiamo via finisce qui.