{module Pubblicità dentro articolo 2}
Abbiamo appena visto i primi due episodi e vi anticipiamo che ne vedrete delle belle. Buon ritmo e ottime interpretazioni per una serie che parte dall’uscita famosa di Craxi (“non dal retro, ma a testa alta dall’uscita principale”) dall’hotel Raphael. Era il 30 aprile 1993. Il resto, tra finzione e realtà, ve lo lasciamo scoprire in tv.
La parola ora ai protagonisti.
Introduce la seconda stagione Andrea Scrosati Exevutive Vice President Programming di Sky: “Chi entra in questa seconda stagione già sa che i nostri personaggi interagiranno con quelli realmente esistiti, una chiave riuscita”.
Qualche chicca su questa seconda serie: 200 location e sei mesi di riprese tra Roma e Milano.
Aggiunge il co-produttore Lorenzo Mieli: “quest’anno, il 1993, è la cupezza e il 1994 che dovrebbe chiudere la trilogia sarà quello della ricostruzione. Io credo che il ’93 parli ancor più del nostro oggi, è l’anno in cui si è vista in maniera più potente la dicotomia tra la voglia di giustizia e la costruzione e corruzione della classe politica”.
Già dai primi due episodi si intuisce il cambio stilistico: “sarà più thriller politico con tutti i codici e i canoni di questo genere in linea con lo stato d’animo di incertezza che vivono i personaggi” evidenzia il regista Giuseppe Gagliardi.
Stefano Accorsi ideatore e co-protagonista: “mentre in 1992 Leo Notte coltivava un grande sogno segreto, in 1993 lo troviamo già di fianco a Berlusconi con il progetto già ufficializzato. Lui ha già le idee molto chiare”.
Miriam Leone: “Veronica Castello ha una grande maschera tra lustrini e pailettes. Gli sceneggiatori hanno voluto che Veronica fosse vittima di una bomba (legata a un fatto veramente accaduto) che la porterà ad attraversare un inferno”. Fa eco la co-sceneggiatrice Ludovica Rampoldi: “Veronica è una specie di falena, dovrà decidere se quel vuoto d’amore che cerca spasmodicamente nel riscontro di pubblico, lo dovrà colmare con l’amore di chi la ama per com’è o se dovrà reinventarsi”.
“Ho lavorato pensando come un samurai” dice Tea Falco parlando del lavoro sul suo personaggio Bibi Mainaghi.
In questa serie c’è chi il potere ce l’ha e chi cerca di combatterlo come Luca Pastore a cui dà volto Domenico Diele. “Egli resterà affascinato dallo sguardo della persona che ha la sua stessa malattia (l’aids) e man mano che il rapporto va avanti farà i conti con questo”.
Stefano Sardo, il co-sceneggiatore, si esprime sull’uomo a cui dà corpo Guido Caprino (assente perché in tournée) “Pietro tende a essere una persona generosa e buona, ma ha imparato un gioco, quello della politica di allora. Nel ’93 dovrà capire se rinunciare al suo lato più positivo, è un uomo diviso, il cui percorso ci porta sempre a toccare con mano i suoi errori”.
Antonio Di Pietro è forse il personaggio più difficile da affrontare rispetto agli altri rappresentati in conferenza stampa essendo ruoli inventati. Antonio Gerardi è bravissimo e consapevole di colui che interpreta: “il 1993 è impegnativo perché è legato ai processi e ho sentito subito la responsabilità di ciò che andavo a portare sullo schermo”.
Gli sceneggiatori vengono interrogati sul fatto che non venga mai nominata la P2. “Il 1993 è e sarà soprattutto l’anno che vede emergere lo scandalo della mala sanità. In più, senza spoilerare, affronteremo un caso legato a questi poteri oscuri”.
Aggiunge il produttore: “si devono sempre fare delle scelte, anticipo che non ci sarà Segni, ma questo è stato deciso per massimizzare in modo positivo quello che è stato scelto di raccontare”.
Il cast tecnico e artistico viene stuzzicato su quali siano state le reazioni da parte di protagonisti che esistono davvero alla fine della messa in onda di 1992. “Io ero molto più bello di te” ha detto Antonio Gerardi riportando una battuta di Antonio Di Pietro quando si sono incontrati in una trasmissione.
“Per quanto riguarda Berlusconi noi lo raccontiamo attraverso gli occhi di Leonardo Notte, come se fosse un personaggio”, aggiunge la co-sceneggiatrice Ludovica Rampoldi.
“L’idea originale del progetto era di narrare quelli che erano stati raffigurati con una lente deformata per quello che erano perciò li vedete in maniera equilibrata anche lo stesso Berlusconi”, ricorda il co-produttore di Wildside Lorenzo Mieli.
Accorsi, da cui tutto è partito, accentua ulteriormente questo aspetto: “L’idea originale era di cominciare dalla Lega per arrivare in Parlamento, raccontando la Seconda Repubblica molto più dall’interno”.
Parlando del suo personaggio Accorsi aggiunge: “a volte si dice l’Italia che Berlusconi ha creato, in parte è vero, ma anche no nel senso che lui l’ha portata a galla. È importante poi che si vedono i movimenti degli Anni ’70 a Bologna come fil rouge negli anni perché fa riflettere su ciò che è accaduto in quegli anni che abbiamo affrontato” e verrebbe da aggiungere anche sul nostro oggi.
La Leone svela di “aver sognato di fare quelle coreografie” quando da piccola vedeva quella tv che vediamo nella serie.
{module Pubblicità dentro articolo 2}
Si chiude con un ulteriore stimolo agli sceneggiatori: c’è una connessione tra certi cognomi dei personaggi: Pastore, Castello, Bosco. Simpaticamente il co-sceneggiatore Stefano Sardo risponde che magari il loro inconscio possa aver influenzato.
Alla Falco viene affidata la chiusa richiamando una frase di Battiato: “Che cosa possono le leggi dove regna soltanto il denaro? La giustizia non è altro che una pubblica merce… Di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente?”.
Appuntamento a martedì 16 maggio con 1993.