“La chiave narrativa di questa storia è la paternità”, così Tinni Andreatta presenta il tv movie. Tratto dall’ opera È così lieve il tuo bacio sulla fronte, scritto da Caterina Chinnici, ci mostrerà il giudice raccontato dalla figlia: una figlia che poi ha deciso di seguire le orme del padre.
“Chinnici era una figura paterna anche per i giudici del pool antimafia, che lui aveva raccolto: questo film avrà un seguito nelle scuole dopo la messa in onda”, conclude la direttrice di Rai Fiction.
La parola passa a Luca Barbareschi: “Ho intuito che c’era un tema molto importante dietro: quello di una persona che ha fatto il suo lavoro senza andare in tv tutti i giorni. Raccontare un’epoca in cui i media non erano così presenti, è anche una riflessione sul presente: i magistrati spesso oggi hanno problemi a lavorare serenamente, proprio a causa della pressione di stampa e tv”. E ancora: “Un uomo comune, dai piccoli gesti quotidiani e senza grandi stipendi: col senno di poi, un eroe”. Un altro tema, prosegue Barbareschi, è quello del sud: “Nella percezione comune c’è un sud indolente e mafioso contro un sud virtuoso, mentre la storia forse non è andata così: c’è un nord che si è impossessato della ricchezza del sud, non solo materiali ma pure morali. Raccontare queste storie serve alle nuove generazioni, perché rischiano di crescere con la rabbia: il sud deve riappropriarsi della sua ricchezza, del resto dove non c’è ferita non nasce niente”.
Naturalmente il produttore non dimentica i ringraziamenti a Caterina Chinnici, dato che non è semplice affidare qualcosa di tanto personale a un’altra persona.
Interviene Sergio Castellitto: “Rocco Chinnici era un uomo che si alzava alle quattro del mattino e andava nello studio a lavorare. Lasciava la porta aperta, così controllava se i figli si alzavano. Poi preparava il caffè, e alle otto usciva per recarsi nel suo ufficio di magistrato: lì lavorava per tutto il giorno. Tra le altre cose, era rappresentante di classe dei figli: nonostante gli impegni gravosi, riusciva a non perdere un consiglio di classe. Per me è questa la lezione: riuscire a tenere tutto insieme -il magistrato, il padre, l’amico, il giardiniere che coltivava le rose- e le sue paure. Poi l’apertura verso i giovani: credo che il suo fosse più che altro senso pragmatico, perché ha senso pensare a una società dopo di noi e perché sono i giovani i più esposti al male, essendo epidermicamente più fragili”.
Presente in conferenza, Caterina Chinnici: “Vorrei ringraziare la Rai, ho sentito che tutti ci hanno davvero messo l’anima. Parlando con Luca, mi sono resa conto che ci credeva sul serio: scrivendo un libro su Rocco Chinnici, mi sono poi trovata spettatrice di un film”. La donna ha voluto seguire l’esempio paterno: “Forse per ragioni anagrafiche, visto che sono la più grande dei tre figli, forse perché sono quella che di più somiglia caratterialmente a papà, ho deciso di fare il magistrato in maniera naturale. Ho seguito il modello di mio padre spontaneamente: la morte di mio padre è stata devastante da un lato e determinante dall’ altra, perché il dolore che accompagna per tutta la vita, diventa una grande forza”. “Ho scritto il libro -spiega- perché volevo che papà vivesse ancora una volta, e la Rai mi ha permesso di realizzare questo mio sogno, o forse bisogno”.
Il film verrà proiettato il 24 sera al Parlamento Europeo, dove arriveranno altri produttori dall’Europa: “Io non ci sarò -racconta Barbareschi- ma sono orgoglioso: parliamo di un’Italia che alza la testa. Abbiamo sempre la sensazione di essere marginali, invece l’Italia è centrale”.
Franco Bernini e Maura Nuccitelli, autori della sceneggiatura, hanno trovato una grande lucidità di analisi da parte di Chinnici: “All’epoca la parola mafia nemmeno si usava, abbiamo perciò cercato di rispettare questa lucidità del magistrato”.
Cristiana Dell’Anna dà il volto a Caterina Chinnici: “È motivo d’orgoglio: interpretare le storie, capire i sentimenti e le scelte, ci fa fare ricerca anche in noi stessi. Senza quest’analisi, non c’è sviluppo personale e non va avanti la società”.
Manuela Ventura, la signora Chinnici nel film: “Tina è stata una donna che ha mostrato autonomia, determinazione. Ha creduto nella sua scelta professionale, e ha accompagnato questa determinazione con delicatezza, cura. Lei e Rocco si sono sposati con un progetto di vita: entrambi hanno sposato i valori in cui sono riconosciuti da subito, un’unione profonda. E Tina era lì ad ascoltare, osservare: a volte bastavano poche parole, sguardi. La condivisione, che Chinnici mostra apertamente sul lavoro, era in realtà un valore di famiglia”.
Caterina Chinnici torna a parlare del padre: “In Sicilia i sacrifici sono stati tanto: certo non è stato facile accettarli, eppure quei sacrifici sono serviti. La mafia ha cambiato modalità, cosa che Rocco Chinnici aveva già capito, però le cose adesso sono diverse: il lavoro di Chinnici ha modificato la cultura giuridica e le modalità d’indagine, ha cambiato profondamente il modo di contrastare la criminalità organizzata. Quando si è intestato tutte le indagini, all’epoca era impensabile, così come indagare a livello bancario. Forse la cosa più importante viene dal suo andare nelle scuole, nel sollecitare una nuova coscienza: questo è il cambiamento più difficile, richiede più tempo rispetto alle innovazioni nelle indagini, però è necessario e la percezione comune ora è diversa”.
“Dopo la morte di Dalla Chiesa -continua- mio padre percepì che poi sarebbe toccato a lui: era rimasto solo, l’unico a lavorare in quel modo. Quello fu il momento in cui anche io capii: lui aveva sempre cercato di proteggerci dalla preoccupazioni, di darci serenità, però quella sensazione era diventata anche la mia. Lì mi sono resa conto che volevo avere la stessa dignità di Rocco”.
La conferenza si conclude qui, dopo che Barbareschi ha ricordato l’emozione di girare nel Tribunale di Palermo.