A sancire il sodalizio rinnovato è la stessa campagna pubblicitaria, con la declamazione di una sentenza che di fatto è il soggetto del primo dei due spot da noi analizzati.
Siamo in una grande ed elegante aula di tribunale, dai banchi completamente in legno che ne esaltano l’atmosfera solenne, nonostante siano presenti solo l’imputato Rovazzi con il suo avvocato e il Giudice.
Quest’ultimo legge la sentenza dalla sua scranna con tono impostato e grave: “L’imputato si alzi in piedi. Signor Rovazzi, per abuso di giga la condanno a sei mesi di spot Wind forzati”.
Fabio Rovazzi, tuttavia, è molto più preso da quello che accade sullo schermo del suo smartphone che dalla pena cui sta per andare incontro. È il difensore a doverne destare l’attenzione per farlo alzare in piedi al cospetto del Giudice.
Sul suo volto è stampata una certa preoccupazione, dovuta non tanto alla pena da scontare quanto al timore di non poter avere a disposizione una connessione internet di qualità.
Un attimo prima che il martelletto sancisca la fine dell’udienza, Rovazzi chiede al Giudice. “Per essere un testimonial credibile, posso avere la Fibra 1000 e i 100 giga?”. Una richiesta che viene accordata, per la massima soddisfazione dell’imputato e del suo avvocato.
Come spesso accade, in questo caso Fabio Rovazzi gioca su comportamenti e fobie particolarmente diffusi. Per una buona parte di noi, lo smartphone è effettivamente l’oggetto più importante della quotidianità, un’appendice a cui non rinunciamo anche in situazioni in cui sarebbe opportuno accantonarlo. Talvolta, si giunge fino a sviluppare quella che somiglia ad una vera forma di dipendenza.
L’altra faccia di tale attaccamento è il timore di rimanere senza traffico internet a disposizione o di non averne di qualità dignitosa: un’eventualità in grado di creare non poche agitazioni. D’altronde, senza connessione internet, gli strumenti tecnologici (e le nostre vite) sarebbero gli stessi?
Il secondo spot – dedicato a Wind Fibra 1000 – è molto diverso. Verosimilmente, si tratta del primo realizzato in ottemperanza alla sentenza al centro dell’episodio d’apertura della campagna.
Fabio Rovazzi è un padre barbuto non più giovanissimo che lavora al pc, seduto al divano dell’ampio salotto della casa in cui vive con la famiglia. Non lontano da lui, la moglie culla l’ultimogenito neonato, mentre gli altri due figli – una bambina e un bambino quasi adolescenti – giocano con un tablet e una console per il gaming.
A quel punto, la sceneggiata famigliare salta e il set inizia ad essere smantellato, ma per la bambina c’è ancora la possibilità di chiedere, entusiasta, a Rovazzi: “Papà, ma ci sono veramente 100 giga?”. “È tutto vero, a parte il fatto che non sono tuo padre”, risponde il testimonial chiudendo lo spot.
Risaltano, così, le competenze tecnologiche della bambina, già in grado di capire l’importanza di una connessione internet e di ragionare sulla qualità delle offerte telefoniche. Una scena del tutto realistica introdotta, probabilmente, proprio per strizzare l’occhio agli spettatori più piccoli e accreditare loro un ruolo che di fatto già hanno da tempo in certe scelte.
Fabio Rovazzi, in questi spot, mette in gioco ancora una volta la capacità di ibridare nel suo personaggio e nei suoi video la realtà e la finzione. Interpreta sé stesso in contesti che prendono a piene mani, come già detto, da situazioni, abitudini e storture in cui il pubblico può facilmente riconoscersi, per poi alimentarle con la fantasia, fino a concedersi sortite nell’assurdo o nel surreale.
Lo fa non con l’obiettivo di dare un giudizio, bensì con l’intento di cercare una connessione con il pubblico per poi sdrammatizzare insieme le situazioni su cui ha deciso di “giocare”.
Di fronte ad un video di Fabio Rovazzi, si è certi di essere alle prese con una finzione. Ma, allo stesso tempo, non si è sicuri di poter dire che lui stia recitando, proprio grazie alla sua abilità di giocare con il personaggio e le circostanze, fino a rendere labile il confine con la mera messinscena.
Ecco, negli spot tv tutto ciò si percepisce in maniera evidentemente più contenuta, ma è ugualmente un ingrediente fondamentale per la riuscita delle pubblicità.
Il tutto amplificato dallo stile che gli viene dalla sua impronta di youtuber e che maschera, in parte, i tratti più palesemente commerciali. I video, in effetti, hanno una loro coerenza anche sottraendoli all’etichetta pubblicitaria ed è il motivo per cui Rovazzi si presta alla serialità pubblicitaria sempre più accentuata cui ricorrono brand come Wind.